Il bravo Camilleri si cimenta ancora una volta con un fatto insolito, bizzarro, antico affrontando la storia di alcune monache che, nel lontano 1945, offrirono la vita al loro vescovo “pastore”.

Andrea Camilleri, Le pecore e il pastore, Sellerio, 2007

  Cultura e Spettacoli  

Il titolo  (“Le pecore e il pastore”) si rifà all’episodio evangelico in cui un pastore, Gesù, offre la vita per le sue pecorelle. Qui avviene - ecco l’originalità del  titolo - il contrario: a essere in pericolo di vita è il vescovo mons. Peruzzo, ottimo, santo uomo, che si dedica al popolo occupandosi indefessamente di scabrose problematiche sociali (il latifondo in Sicilia) e a immolarsi fino al sacrificio della vita sono delle monache-bambine, nel pieno del vigore, della sana giovinezza con la loro adolescenza misticamente segregata entro le mura di quell’eremo (l’Eremo della Quisquina) che tanto commosse anche lo scrittore Tomasi di Lampedusa.

All’origine di questo giallo storico è la lettura di una nota a piè di pagina scovata dall’Autore in un libro di storia locale siciliana che lo ha indotto a indagare la storia dell’attentato contro il vescovo dei contadini e dell’eremo della Quisquina.

Eremo in cui alcuni eremiti insubordinati davano apertamente rifugio a latitanti e mafiosi “con questi ultimi assai attivamente collaborando”(v.p.18) mentre il vescovo Peruzzo, uomo “di polso e ferrea volontà…” nel 1945 prese di petto la situazione. Ed ecco l’attentato, ecco la vicenda del sacrificio delle dieci giovani vergini…

Tra ricostruzioni storiche e ipotesi sui probabili assassini scorre la scrittura sempre avvincente di Camilleri, che ricorda, in quest’opera, l’ultima indagine sul “colore del buio” in cui aveva fantasticato su alcuni aspetti della personalità del Caravaggio.

Anche in questo caso,la scelta dell’argomento era stata alquanto originale e “difficile” eppure anche in questo caso,eravamo stati coinvolti in una vicenda fantasiosa ,forse assurda, ma tanto accattivante.

Rosella Barone

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