E tre. Il simpatico arrampica-muri arriva alla sua terza avventura sempre più pirotecnica (non per niente è il film più costoso di sempre) con una Mary-Jane in più al suo fianco.

Spider Man 3

  Cultura e Spettacoli  

Si riprende dal finale del secondo episodio, cioè con il nostro  beniamino, Peter Parker, sempre più innamorato, ma con l’ingombrante presenza dell’amico ora nemico Harry Osborne.

Come se non bastasse compaiono sulla scena due nuovi temibili avversari, l’Uomo-Sabbia e  se stesso.

Si, il motto di questi 140 minuti di pellicola (il nemico più pericoloso è dentro se stessi) sembra una riedizione del Lato Oscuro di Guerre Stellari.

Viva la banalità.

Ma d’altronde Spider Man non deve porsi gli obiettivi di Matrix, di fondare un nuovo tipo di riflessione filosofica o di ritrarre la New York post-11 settembre.

Puro business del cinema. Questo è Spider Man 3,un film che prima di tutto deve far divertire e coinvolgere i ragazzi. L’obiettivo viene raggiunto facilmente grazie a una trama che non lascia momenti di riflessione e scorre veloce.

Ma soprattutto c’è lui, Peter Parker, il bravo ragazzo che piace a tutte le mamme, squattrinato fotografo che incarna per l’ennesima volta il mito americano; secchione che riesce a trovare amore e successo grazie a uno scherzo del destino. Nel segreto del successo della saga c’è proprio questo giovane personaggio di cui si osserva la maturità e la crescita passo dopo passo, (prima con la scuola, poi con il lavoro) i suoi progetti, come il matrimonio: operazione che ricorda da vicino la vicenda di Harry Potter.

Il terzo episodio rappresenta con occhio più vicino l’altra faccia della medaglia, arrivando a ritrarre la parabola del nostro eroe che, sempre più onerato dalle responsabilità, cerca rimedio con vendetta e cinismo, arrivando a trasformarsi in un essere altro, magnifico e terribile. Salvo poi arrivare alla redenzione con tanto di chiesa e campane, dietro l’angolo sta il cattivo pronto a redimersi.

Ciò che urta di questo film, a parte una recitazione non impeccabile, è proprio questo tipo di cliché che riafferma con insistenza le immagini della retorica nazionalista americana: Spider man che salta davanti alla bandiera stelle-strisce è un’immagine abbastanza squallida, neanche fosse Capitan America.

Il regista Sam Raimi tratta Spider Man come i suoi telefilm, senza prendersi troppo sul serio e mostrando una certa autoironia  che serve sempre.

Piace la descrizione  dei rapporti in gioco tra i personaggi, tra gelosie e conti da saldare che rimettono sempre in discussione la visione manichea  del Bene e del Male, con Spider man che trova qui la sua perfetta nemesi in Venom.

L’unica riflessione di un certo peso che sorge spontanea riguarda la perenne spettacolarizzazione dell’evento in una società sempre più insicura dopo l’11 settembre, che si aggrappa disperatamente ai suoi eroi. C’è la perenne presenza delle macchine fotografiche o della tv nei combattimenti, una sorta di metafora dei media che fanno da avidi spettatori e che inondano ogni spazio urbano.

Il tutto è costato oltre 250 milioni di dollari.

Soldi spesi bene? Se si parla di effetti speciali si può dire sì, ammaliati dalla ricchezza visiva delle scene d’azione e dalla realizzazione dei “cattivi”, la sceneggiatura assolve in pieno il suo compito pur non brillando e le panoramiche sono un ottimo spot per New York.

Da sottolineare, in particolare, le musiche di Danny Elfman, che ritorna al mondo dei fumetti dopo i Batman dell’amico Tim Burton.

Alessandro Alpini

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