UTAMA – Le terre dimenticate

18/10/2022


In un’epoca in cui al cinema domina l’adrenalina, tra sparatorie, inseguimenti in macchina ed effetti speciali, è bello e sorprendente ritrovarsi davanti a un film come UTAMA, dove ci sono solo esseri umani, animali e la natura.

Tutti e tre messi di fronte all’eterno ciclo che governa l’universo fin dalla sua nascita: la vita e la morte. Tutti e tre perché perfino la nostra madre Terra non è eterna e immutabile, soprattutto nel suo aspetto, essenziale per noi, di biosfera idonea a sostentare esseri umani. Il problema del global warming e della conseguente desertificazione è ben evidente nel film, anche se sicuramente i protagonisti non sanno probabilmente di cosa si tratti e non hanno certamente mai sentito parlare di Greta Thunberg.

I principali protagonisti, Virginio e Sisa, sono infatti due anziani campesinos che conducono una povera ma dignitosa esistenza in una casupola sull’arido e sconfinato altopiano boliviano. Legati ancora al linguaggio e alle tradizioni quechua delle locali popolazioni precolombiane vivono dell’allevamento di una mandria di lama e degli scarsi prodotti dell’orto.

Ma i lama vanno portati ogni giorno a brucare le poche sterpaglie che crescono nel deserto, con una faticosa camminata quotidiana che pesa sempre più al vecchio Virginio, minato da una grave malattia ai polmoni che lo costringe a frequenti accessi di tosse. Nè molto più facile è la vita di Sisa, lei per fortuna in migliori condizioni di salute ma costretta anche lei a lunghi percorsi per andarsi a rifornire di acqua al pozzo del paese o, quando il pozzo si secca, al lontano fiume.

I due anziani vivono soli perché il loro unico figlio da tempo ha preferito trasferirsi nella città più vicina, gesto che Virginio ha vissuto come un tradimento delle tradizioni familiari e lo ha portato a nutrire un perdurante rancore verso il figlio. L’unico rapporto familiare che rimane vivo e porta ogni tanto una variante nell’immutabile routine quotidiana dei due è quello con il nipote Clever.

Anche il rapporto con Clever però non è sereno, perché Virginio teme sempre che lui venga su istigazione del padre per convincerli a trasferirsi in città. In effetti, anche nel corso della visita cui assistiamo nel film, Clever cerca di far ragionare i nonni, non su mandato del padre ma perché lui stesso è razionalmente convinto che la vita sull’altopiano non si addice a due anziani soli, di cui uno bisognoso di cure.

Ma non c’è niente da fare, Virginio non cede e pur ritrovando un minimo di burbero affetto per il nipote resterà incrollabile nella sua casupola fino alla fine. Il concetto di vita e di morte del vecchio contadino è sintetizzato nello scambio di battute che ha un giorno con il nipote:

“Quando si sente inutile, quando non riesce più a volare e si sente debole il condor vola fino al punto più alto della montagna. E allora piega le ali, ritrae le zampe e si lascia cadere giù fino alle rocce.”

“E il condor non ha paura?”

“Certo che sì. Ciò che è importante che tu sappia, è che da quel momento inizia un nuovo ciclo.”

E così si chiude il film, con Clever che si prepara a tornare in città e Sisa, pronta anche lei a finire la sua vita nei luoghi natii, che gli consegna un vestitino come regalo per il suo piccolo figlioletto. Il ciclo della vita continua.

UTAMA nella lingua quechua significa la nostra casa, qui sicuramente non da intendere nel senso fisico dell’abitazione quanto della terra di origine, della lingua, delle abitudini e anche degli antichi riti pagani, come il sacrificio di un lama per invocare la pioggia, riti che nel tipico sincretismo religioso degli indios convivono tranquillamente con la devozione ai santi cattolici.

Un popolo quindi lontanissimo dalla nostra vita di europei evoluti, eppure alle prese con problematiche comuni ed universali: la tragedia del degrado ambientale e della siccità, il rifiuto dell’accanimento terapeutico e la possibilità di decidere tempi e modi del proprio fine vita, il contatto con la natura piuttosto che l’inurbamento.

Con la incessante colonna sonora del respiro affaticato di Virginio, UTAMA non è un film di azione ma di profonda meditazione, assolutamente consigliabile per chi al cinema chiede spunti per riflettere e anche un po’ commuoversi.

UTAMA è diretto da Alejandro Loayza-Grisi. Gli attori principali sono José Calcina e Luisa Quispe, che interpretano l’anziana coppia, e Santos Choque che è il nipote Clever. Il film è in sala dal 20 ottobre 2022.

Ugo Dell’Arciprete