VILLETTA CON OSPITI: il marcio sotto la superficie patinata della borghesia

30/01/2020


È da almeno duemila anni che esiste il fenomeno delle persone che, dietro l’apparenza di una vita specchiata, nascondono debolezze e segreti inconfessabili. Basta ricordare la nota invettiva di Gesù (vangelo di Matteo, capitolo 23, versetti 27 e 28): Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume.

Oggi, almeno in Italia, gli scribi e i farisei biblici non ci sono più, ma è facile identificarli in quei benpensanti che si presentano tutti casa e chiesa e poi invocano le ruspe contro i rom, o quei politici che baciano i rosari e poi lasciano annegare decine di poveracci.

VILLETTA CON OSPITI è ambientato in questo contesto sociale, emblematicamente collocato nella ricca provincia del Veneto, e ruota intorno ad un dramma provocato dalla sindrome da legittima difesa, che autorizza chiunque a sparare e uccidere chi entra di nascosto in casa nostra.

La trama si sviluppa in due parti ben distinte, costruendo quella che potremmo chiamare una tragedia in due atti.

Il primo si svolge in esterni, presentandoci i protagonisti principali e il territorio in cui vivono. Diletta Tamanin (Michela Cescon) è una donna di carattere fragile, stretta tra il marito Giorgio (Marco Giallini) che la trascura e tradisce, e la dispotica madre Miranda (Erica Blanc), ricca ed avara, che le rinfaccia tutto quello che fa a partire dalla scelta del marito terrone. Le tensioni caratteriali si scaricano su Bea, la figlia adolescente della coppia, che sfoga la sua frustrazione in ribellismo verso la madre e autolesionismo. A fronte di questa famiglia alto borghese troviamo una coppia madre-figlio: Sonja (Cristina Flutur), donna rumena venuta a fare la cameriera/badante per Miranda, e il figlio Adrian che Sonja spera di far studiare in Italia per una vita migliore. Intorno alle due famiglie si muove il microcosmo della cittadina di provincia, dove tutti si conoscono e praticamente tutti hanno qualche scheletro nell’armadio: il dottore che impianta protesi inutili per guadagnare, il prete troppo affettuoso verso le sue parrocchiane, il poliziotto pronto ad applicare una legge tutta personale.

Il secondo atto, invece, si svolge tutto in interni e in notturna, nella villetta dove Diletta e i figli stanno trascorrendo il weekend, mentre Giorgio, partito ufficialmente per un incontro di lavoro, è invece a letto con l’amante in una località vicina. Bea, infuriata per il rifiuto della madre di lasciarla uscire di sera, invita Adrian, con cui c’è del tenero, a venirla a trovare di nascosto nella sua stanza. Quando Adrian nel cuore della notte cerca di allontanarsi senza farsi notare Diletta lo sente e credendolo un ladro gli spara ferendolo gravemente.

Parte da qui una lunga sequenza drammatica, scandita continuamente dall’angosciante tic tac di un orologio di sottofondo, in cui i protagonisti “per bene” devono decidere come occultare l’accaduto. Da una parte infatti tutti sentono che sarebbe loro dovere chiamare un’ambulanza per salvare il ragazzo, ma dall’altra tutti hanno motivi per non farlo: Diletta per paura che, accusata di omicidio, le portino via i figli; Giorgio perché teneva in casa una pistola senza porto d’armi; Don Carlo, chiamato subito dopo il fatto da Diletta per avere conforto, tace per paura che una passata relazione con la donna venga alla luce; il dottore, chiamato per curare il ferito senza troppa pubblicità, perché minacciato dal poliziotto di rendere note le sue truffe mediche; il poliziotto infine senza un vero motivo se non il proprio egocentrismo di far vedere quanto è bravo ad “aggiustare” le situazioni.

Così, mentre tutti prendono tempo, Adrian muore e si comincia quindi a preparare la messinscena per dimostrare che Diletta aveva sparato per legittima difesa. Ma l’arrivo di Sonja, che cercava il figlio e ha visto il suo motorino davanti alla villetta, fa precipitare le cose: la versione delle due pistole non regge, Sonja capisce che il figlio non era venuto a rubare né tantomeno aveva minacciato Diletta. Vorrebbe andare a denunciare tutto ma, e qui è il più amaro finale del film, le viene fatto capire che mai le parole di una badante rumena verrebbero prese più sul serio di quelle di una benestante famiglia italiana, che sostenere un processo costa, che anche se la giustizia le desse ragione non troverebbe più nessun lavoro.

Alla fine la povera Sonja è costretta ad accettare una somma di denaro come indennizzo e riparte, con la salma del figlio, su uno degli sgangherati furgoncini che vediamo spesso fare la spola tra Italia e Balcani.

Certo, il film può sembrare didascalico, con i personaggi italiani tutti macchiati da gravi colpe e la famiglia rumena dignitosa ed onesta. Certo, sappiamo tutti che tra gli immigrati ci sono anche malviventi che vengono in Italia per delinquere. Di loro si deve occupare la giustizia (e dovrebbe farlo con il dovuto rigore). Ma di fronte a certa propaganda che bolla tutti gli immigrati col marchio dell’indesiderabile, film come VILLETTA CON OSPITI dovrebbero essere un serio invito alla riflessione.

Il film, diretto da Ivano De Matteo, è interpretato da Marco Giallini, Michela Cescon, Massimiliano Gallo, Erica Blanc, Cristina Flutur, Monica Billiani, Ioan Tiberiu Dobrica, Bebo Storti, Vinicio Marchioni.

Il film è in sala da oggi, 30 gennaio.