La Corte di giustizia dell'Unione europea, con la sentenza pronunciata giovedì 13 marzo 2014 nella causa C‑52/13, Posteshop SpA/Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Presidenza del Consiglio dei Ministri ha affermato che la pubblicità ingannevole e la pubblicità comparativa configurano due infrazioni diverse

L’AGCM, il 30 marzo 2010, ha accertato che la diffusione da parte della Posteshop di materiale pubblicitario al fine di promuovere la rete in franchising Kipoint costituiva una fattispecie di pubblicità ingannevole (D.lgs. n. 145/2007). Ne ha quindi vietato l’ulteriore diffusione e ha irrogato alla Posteshop una sanzione pecuniaria di EUR 100 000.

La Posteshop ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sostenendo che la direttiva 2006/114, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, è finalizzata a sanzionare unicamente i fatti che integrano al contempo una pubblicità ingannevole e una pubblicità illegittimamente comparativa e che il D. lgs. n. 145/2007 deve essere interpretato in tal senso.

Il TAR Lazio si è rivolto alla Corte di giustizia chiedendo, per quanto riguarda la tutela dei professionisti, se la direttiva si riferisce alla pubblicità ingannevole e alla pubblicità illegittimamente comparativa come a due infrazioni autonome e che, per vietare e sanzionare una pubblicità ingannevole, non è necessario che quest’ultima costituisca anche una pubblicità illegittimamente comparativa. In effetti, la direttiva utilizza, nella sua versione in italiano, la formulazione «pubblicità ingannevole ed illegittimamente comparativa», il che potrebbe lasciare intendere che si riferisca a una pubblicità che è al contempo ingannevole e illegittimamente comparativa. Dall’altro lato, nella sua versione in lingua francese, la formulazione lascerebbe intendere che si tratti di due diverse tipologie di pubblicità.

Nella sua sentenza la Corte ha ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, la formulazione di disposizioni del diritto dell’Unione in una delle versioni linguistiche non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di tali disposizioni. La direttiva 2006/114 persegue un duplice obiettivo nel tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e nello stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa. Inoltre le disposizioni sulla pubblicità ingannevole e quelle sulla pubblicità comparativa perseguono logiche diverse. Da un lato sono previsti i criteri minimi e oggettivi per determinare se una pubblicità sia ingannevole e dunque illecita; dall’altro, si elencano le condizioni cumulative che una pubblicità comparativa deve soddisfare per poter essere considerata lecita, in quanto tale pubblicità può essere un mezzo legittimo per informare i consumatori nel loro interesse.

Di conseguenza la Corte ha dichiarato che la pubblicità ingannevole e la pubblicità illegittimamente comparativa costituiscono ciascuna un’infrazione autonoma e, al fine di vietare e di sanzionare una pubblicità ingannevole, non è necessario che quest’ultima costituisca al contempo una pubblicità illegittimamente comparativa.