Esiste una ricetta magica per creare un luogo di lavoro capace di fornire benessere, stimolare la creatività, creare comunicazione e relazioni, favorire la produttività, e aiutare a conciliare dimensione personale e lavorativa? Solo contando tutti gli elementi contenuti in questa domanda si può avere un’idea delle tante sfaccettature di un tema come quello scelto da Haworth Castelli per affrontare il rapporto tra Ufficio&Abitazione.

A Milano presso il Creative Center Haworth Castelli si è svolta la Tavola rotonda “Abitare l’ufficio versus l’ufficio nell’abitazione”

  Arredo e Design  

L’incontro, avvenuto lo scorso 19 aprile, è stato moderato da Walter Passerini, Responsabile job 24, Capo Redattore di Radio 24 e del Sole 24 Ore; ed ha avuto come relatori Rosanna Gallo, docente all’Università Cattolica di Milano e specialista di psicologia del benessere; Luca Beltrami Gadola, docente alla facoltà di Architettura  del Politecnico di Milano; Maurizio Morgantini, Presidente della Fondazione ADI e vicepresidente ADI; Marco Pollice,  A.D. PolliceIlluminazione e Paolo Ferrari, responsabile Risorse Umane Autogrill.

Passerini ha introdotto il tema puntando subito  alla necessità di  comprendere come un luogo di lavoro deve  essere uno spazio che esprime un’anima e che deve aiutare le persone a stare bene. In questi anni vi è stata un’oscillazione tra la logica comunitaria dell’ufficio-fabbrica, rappresentata oggi dai call center, contrapposta a quella monodimensionale della postazione singola e domestica del telelavoro. Oggi lo scenario è cambiato, in meglio attraverso una soluzione intermedia tra queste due ipotesi che, in parte si rifà al concetto intimamente italiano della Bottega d’Arte, dove era possibile a conciliare in un rapporto equilibrato dimensione professionale e personale.

Gallo ha tratto spunto dalle ricerche che ha svolto sul concetto di benessere. Un tema ampio, legato strettamente alle casistiche e alle soluzioni possibili che però, come ha poi ha raccontato Gadola  nel suo intervento, risentono anche dell’ambiente che circonda l’ufficio. Un concetto quasi di contaminazione tra l’urbanistica (lo spazio che attraversiamo per andare al lavoro) e l’ufficio (il contrasto stridente tra “il dentro e il fuori”) . E per quanto riguarda l’ambiente ufficio Gadola ha poi sottolineato la necessità per chi progetta un ufficio di intervenire sull’aria, progettando microclimi che non siano solo confortevoli, ma anche realmente salubri.

Pollice ha confermato come la progettazione della luce degli ambienti costituisca un elemento fondamentale per costruire un ufficio “abitabile”. Naturalmente esistono regole precise ma, oggi, tra le opzioni più interessanti vi è quella della luce dinamica: un sistema che, giocando sulle tonalità più o meno calde, evoca in ambienti chiusi il ciclo giornaliero del Sole. Il dinamismo non è certo mancato all’intervento di Morgantini che ha raccontato come proprio lo studio della luce dinamica sia stato uno degli elementi essenziali nella progettazione, all’inizio degli anni ’80, della sede del controllo centrale della Rai. E un punto ha destato particolare attenzione: cioè il rapporto tra il luogo fisico dove si lavora e il “non luogo” del virtuale che si affaccia sugli uffici da tutti i monitor, ma che è a tutti gli effetti un luogo altrettanto reale di lavoro.

Infine da Ferrari una voce da chi in Azienda si occupa quotidianamente del benessere dei dipendenti. Ferrari, nella sua qualità di responsabile risorse umane, ha ricordato la centralità dell’ufficio notando come spesso la postazione da cui si opera, così come la dimensione della scrivania o la vicinanza a una finestra, siano spesso al centro del conflitto aziendale. Il risultato è che l’assegnazione degli spazi avviene seguendo una logica gerarchica, sia perché in questo modo si premiano le persone e se ne riconosce il loro valore, sia perché così si ha a disposizione un criterio per dirimere i conflitti.

Anche per Ferrari vi è un’esigenza di personalizzazione degli spazi, e di marcamento del territorio, che non può essere sottaciuta; così come vi è la necessità di conciliare la socializzazione offerta dagli open space con quei bisogni di privacy che non possono essere negati. Al contrario, il telelavoro è vissuto con diffidenza da parte dei lavoratori, non solo perché temono di rimanere decentrati rispetto alle dinamiche aziendali, ma anche forse perché viene a mancare il ruolo sociale dell’essere lavoratore rispetto alla propria famiglia.

Nel dibattito che ha seguito le relazioni, Gallo ha ricordato come il benessere fondamentale vada ricercato non solo nello spazio fisico e negli strumenti utilizzati, ma soprattutto nella qualità delle relazioni umane. Gadola ha invece sottolineato, a modo di provocazione, come il troppo benessere finisca per togliere al lavoratore la capacità di trovare soluzioni proprie, diminuendone la creatività. Un richiamo alla creatività che è stato raccolto da Morgantini, che ha invitato chi progetta uffici a guardare oltre al proprio immediato, cercando soluzioni che guardino al futuro, all’evoluzione del mercato e della Società.

L’ufficio ideale non esiste, ma il lavoro a casa non è la soluzione, e questa modalità non ha risposto alle aspettative che aveva suscitato anni fa. Molti sono coloro che studiano e che si impegnano per rendere i luoghi del lavoro spazi di benessere: si tratta di una sfida senza fine, che deve adattarsi ai tempi che mutano, e di cui il Convegno di Milano ha saputo dare uno spaccato concreto e affascinante.

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