L’attenzione di Dario Matteoni e Francesca Cagianelli, che della mostra sono i curatori, si è appuntata sul trentennio 1860 – 1890. Tre decenni di grandi speranze, di euforia, di fiducia, avviato, e per certi versi attivato, dall’unificazione del Regno d’Italia.
Lo spagnolo Mariano Fortuny aveva portato il calore e il colore, il gusto per trasporre su tela la gioiosità e giocosità della vita, facendo della pittura lo specchio variopinto di queste sensazioni. Tavolozze di accesa cromia, tele di virtuosistica elaborazione. Sensazioni che nelle diverse scuole del Paese assumono peculiarità diversissime: dal gusto quasi calligrafico di alcuni, alla luminosità – il cosiddetto “Impero del bianco” – in altri, al colorismo di tradizione settecentesca per altri ancora.
Così come diverse sono le “storie”, puntando soprattutto alla celebrazione di una borghesia che stava ridefinendo il suo ruolo nel nuovo Stato unitario.
E’ evidente il meccanismo di rispecchiamento che coinvolge questa borghesia ritrovavan se stessi in quelle opere. Vedevan le stesse stoffe che avevano addosso, i tappeti che avevano a casa, il lusso nel quale vivevano, e poi scarpe di raso, mani bianche, braccia nude, piccoli piedi, teste graziose. Quelle figure dipinte stavano in ozio tali e quali come loro. Al più guardavano un oggetto, o si soffiavano con un ventaglio. Le più occupate facevano un po' di musica o leggevano un romanzo. Era il loro ritratto anzi la loro apoteosi. E si faceva a gara per averle.
De Nittis, i fratelli Induno, Giuseppe Rovani, Mosè Bianchi, Giovanni Boldini dipingono una serie di scene galanti e interni di genere sulla scia di un gusto calligrafico e di uno sfrenato cromatismo.
La mostra di palazzo Roverella ha il suo completamento nella mostra “L’altro Fortuny. L’eleganza nuova.” esposta a Villa Badoer di Fratta Polesine.
Per questa preziosa “appendice” della mostra rodigina “in casa di Palladio”, Dario Matteoni e Francesca Cagianelli hanno scelto di dare l’idea della raffinata poliedricità di Fortuny figlio. Da Palazzo Fortuny pervengono i preziosissimi manufatti (in parte mai esposti) e alcuni travolgenti episodi del suo ciclo pittorico di ispirazione wagneriana, protagonisti della mostra di Fratta Polesine. Per l’ideazione dei suoi tessuti il giovano Fortuny indagò le linee e gli arabeschi dei tessuti orientali, le severe armonie della statuaria greca arcaica, le mode Impero e Direttorio, così come l’eclettismo policromo della Venezia bizantina e romanica da una parte e l’elegante arcaismo dei maestri del rinascimento veneziano dall’altra. Da queste eterogenee fonti sapeva trarre, con estro dandystico, ma anche con talento da artefice antico, motivi originali per le sue stoffe, i suoi costumi teatrali e i suoi abiti alla moda.
Le due mostre saranno l'occasione per scoprire uno splendido itinerario di campagna e ville nei dintorni di Rovigo a cominciare da villa Badoer di Fratta Polesine. Dopo il 1600, infatti, l'insediamento della nobiltà veneziana ai fini di controllo e sfruttamento agrario del territorio portò alla fondazione di numerose ville dislocate nelle campagne e lungo le principali vie d'acqua, Alle ville patrizie vengono sempre affiancate le cosiddette barchesse che fungono da luoghi di lavoro e magazzini per le grandi corti agricole. A Fratta Polesine
Catalogo:
Info: L'Ottocento elegante.
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Franca Dell’Arciprete
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