Itinerario tra i vicoli di Praga, rincorrendo l’anima inquieta di Rodolfo II

Repubblica Ceca: La Via della Magia

  In viaggio tra gusto e cultura  

Pazzo per l’occulto, l’esoterico, l’astrologia, la magia, l’alchimia … Con la sua corte affollata di menti illuminate ed eccentriche, nel XVI secolo la nuova capitale del Sacro Romano Impero divenne anche la capitale del mistero. Un mistero a lungo indagato e mai del tutto svelato, da respirare ancora in un intrigante percorso tra storia e leggenda. Che conduce anche fuori città e si spinge fino in Moravia.

In certe giornate un po’ grigie ad avvolgere, e rendere ancora più seducenti, le vie di Praga è una bruma di mistero. Atmosfere magiche, figure fiabesche e altre demoniache, storie bizzarre e a volte da brivido, vicende epiche e antichi aneddoti … a popolare la capitale sono leggende di ogni epoca e per ogni gusto. Come fantasmi aleggiano nell’aria, si insinuano nella storia e la coprono di un velo di mistero. Come spettri burloni (ma non troppo!) strizzano l’occhio al viandante per regalargli di Praga una versione eterea, fluttuante e solo apparentemente candida … proprio come il loro “lenzuolo”, nelle cui pieghe ognuno può leggere la storia che più gli piace.

C’è però una storia ufficiale, documentata e scritta nei manuali, che elegge Praga a città magica, protagonista insieme a Torino e Lione del celebre triangolo europeo di magia bianca. E’ una storia che affonda le radici nel lontano ‘500, ai tempi di Rodolfo II, eccentrico sovrano con una passione per alchimia e magia. Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1576 al 1611, il “re folle” aveva il destino già scritto: in quanto figlio dell’arciduca Massimiliano (il futuro Massimiliano II) e di Maria di Spagna, tra loro cugini, Rodolfo d’Asburgo era due volte bisnipote di Giovanna la Pazza.

Questa scomoda ascendenza, insieme ai suoi atteggiamenti eccentrici e all’incontenibile passione per l’occulto e per l’astrologia, gli valsero la fama di mente disturbata. Questione di punti di vista: aperto, illuminato e tollerante fu un grande mecenate e si circondò -oltre che di alchimisti, matematici, scienziati, fisici e maghi- di artisti e letterati. Nel 1572 fu incoronato re d’Ungheria, nel 1575 re di Boemia e l’anno successivo ascese al trono imperiale, che nel 1583 trasferì da Vienna a Praga. Qui, nella nuova capitale del Sacro Romano Impero, rinchiuso tra le mura del suo castello sulla collina Hradcany, si dedicò al culto delle arti e delle scienze occulte. Ben presto la sua corte si popolò di bizzarri personaggi, uomini un po’ di scienza un po’ di magia, non di rado al limite della ciarlataneria.

Tra le personalità eccentriche che il re assoldò e richiamò da tutta Europa, gli astronomi/astrologi Tycho Brahe e Giovanni Keplero, il consigliere di Elisabetta I d’Inghilterra John Dee, il sedicente medium Edward Kelly, l’alchimista Michael Sendivogius ma anche il nostro Arcimboldo, celebre per i suoi ritratti realizzati con frutti, ortaggi e fiori.

Tutta la bizzarra corte era al servizio dell’imperatore e della sua ricerca ossessiva. Cercava di tutto: formule rivoluzionarie come quella che doveva trasformare il piombo in oro, l’elisir di lunga vita, la pietra filosofale, i segreti delle stelle e quelli delle arti magiche, il contatto con l’aldilà … La sua ossessione pare fosse tanto forte da costringere gli esperti chiamati a corte a ritmi di lavoro insostenibili, in condizioni molto simili alla prigionia, sotto sorveglianza e persino sotto minaccia.

Sta di fatto che sotto il regno di Rodolfo II Praga divenne una metropoli, una vivace piazza culturale. Pazzo o no, l’imperatore aveva una mente brillante, un’intelligenza acuta, una gran fame di cultura e un’insolita tolleranza per quei tempi, che rese possibile la convivenza e la mediazione tra le diverse religioni dell’Impero. La sua indole melanconica lo condannava però a esser solo pur tra tutti gli attori della sua affollata corte. Difficile dire se la malattia mentale lo portò a isolarsi o se il suo naturale isolamento lo portò alla follia, o ancora se i geni ereditari abbiano sentenziato la sua condanna … E’ cronaca però che il re si chiuse sempre più in se stesso, divenne diffidente nei confronti del mondo e di chi lo circondava, primo fra tutti il fratellastro Mattia, in favore del quale infine abdicò nel 1611, forse sentendo prossima la morte che infatti lo colse l’anno successivo. La sua salma riposa nella cattedrale di San Vito. Pietre antiche che hanno un’anima. Inquieta. Non riposa invece l’anima di Rodolfo II, che donò splendore e fama a Praga e morì maledicendola per averlo rinnegato (Praga, ingrata Praga, io ti ho resa famosa e tu ora scacci me, il tuo benefattore …). Inquieta, arrabbiata e delusa, l’anima del re folle ancora vaga e si respira tra i vicoli e negli angoli segreti della Praga magica. Per inseguirla bisogna rintracciare le architetture esoteriche della capitale, percorrere il Vicolo dell’Oro – là dove in minuscole casupole, oggi sede di botteghe artigiane, alloggiavano alchimisti, scienziati, esoteristi e ricercatori di corte - attraversare il Ponte San Carlo, vagare per il quartiere Mala Strana, addentrarsi nel ghetto ebraico ai tempi governato da quel rabbino Loew cui si deve la leggenda del Golem, gigante plasmato dall’argilla rossa a difesa degli ebrei praghesi dalle persecuzioni dell’epoca.

Oltre la storia c’è di più … Passeggiare per Praga magica è un viaggio nel passato fatto di saliscendi: un continuo salto dai fatti storici a quelli tramandati, dalla cronaca alla tradizione popolare, dalla scienza alla leggenda. Praticamente ogni pietra della città protegge il suo mistero, custodisce la sua leggenda. Raccontarle tutte sarebbe impossibile. Narrano di re, regine e cavalieri, ma anche di monaci, gente comune, spose e monelli. E naturalmente di maghi, strane creature, geni, ninfe e spiritelli … Tramandano storie d’amore, regalano perle di saggezza e lanciano moniti ma per lo più stuzzicano la fantasia - e il battito cardiaco - con note tra il macabro e il grottesco: il templare senza testa, il monaco che invece la testa la portava sotto braccio, lo scheletro che nel cranio aveva un chiodo, il boia con la spada, mani mozzate, Faust che aveva venduto l’anima al diavolo … Ma niente paura: basta girare l’angolo ed è girata anche la pagina. Ecco tornare toni fiabeschi, con storie dolci o melanconiche ma pur sempre avvincenti di culle d’oro, monete nello straccio, pesci d’argento, tesori nascosti o dimenticati, lampade miracolose, scarpette di mollica, eroi coraggiosi, e pegni d’amore … Cronaca e invenzione, condanna e speranza, tinte cupe e pennellate rosa si mescolano sulle facciate, sul selciato, nei cortili e nei sotterranei dell’intera capitale, quartiere dopo quartiere. Ovunque si rintracciano leggende antiche che non di rado si dipanano però da episodi di storia documentata, anche cruenti. E che quasi sempre spiegano l’origine dei grandi monumenti cittadini, o comunque dei loro nomi. Ecco allora qualche tappa imperdibile per una passeggiata nel tempo, tra sogno e realtà.

La leggenda narra che in via Liliova, nella Città Vecchia, ogni mezzanotte appare un templare senza testa, in sella al suo destriero bianco. Con una mano stringe le redini, con l’altra il suo capo tagliatogli in vita per una grave colpa. Si dice che in punto di morte abbandonò la fede cristiana e che ora vaga in cerca di chi lo liberi dalla maledizione. Ci riuscirà solo chi sarà tanto veloce e coraggioso da strappargli la spada e trafiggergli il cuore. Per ora, però, dell’impavido eroe nessuna traccia …

Il celebre Ponte Carlo seppe resistere alle numerose inondazioni della Moldava ma quando il sacerdote Giovanni Nepomuceno fu gettato nel fiume, proprio in quel punto crollò l’intera arcata del ponte. Inutili i ripetuti tentativi di ricostruirlo: l’opera dei muratori la notte crollava di nuovo. Un costruttore però si incaponì e, dopo una serie di fallimenti, scese a patti col diavolo promettendogli la vita di colui che per primo avrebbe attraversato il nuovo ponte.

Per risparmiare un’anima innocente, però, pensò di ingannare il demonio liberando, all’alba del giorno dell’inaugurazione, un gallo all’imbocco del ponte. Ma il diavolo fu più furbo: si finse muratore, si precipitò dalla moglie del costruttore e le disse di correre al ponte perché a suo marito era capitato un brutto incidente. Il costruttore non poté fermarla e la notte stessa la poveretta morì con anche il bambino che portava in grembo. Pare che l’anima del piccolo abbia volteggiato a lungo sopra il ponte, emettendo starnuti che i passanti riuscivano a udire. Fino a che un giorno d’istinto qualcuno gli rispose “Salute!” e inconsapevolmente liberò la giovane anima, che poté finalmente volare in cielo.

Ulteriori informazioni: Ente Nazionale Ceco per il Turismo - Via G. B. Morgagni, 20 – 20129 Milano - tel. 02 20422467 - fax 02 20421185 - info-it@czechtourism.com - www.turismoceco.it - www.133premier.cz.

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