Il 15 aprile la Confindustria ha firmato con la Cisl e l’Uil l’accordo per la riforma della contrattazione collettiva che modifica e sostituisce le regole sugli assetti contrattuali contenute nel Protocollo del 23 luglio 1993

Contrattazione collettiva: accordo Confindustria - Cisl e Uil

  Novità aziendali   

L’accordo del 15 aprile 2009 era stato preceduto, a ottobre, dalla condivisione, fra i medesimi soggetti, di un documento contenente “linee guida”, successivamente trasformate nell’accordo-quadro sottoscritto il 22 gennaio fra i datori di lavoro di tutti i comparti produttivi - compreso il Governo quale datore di lavoro del pubblico impiego - e tutti i sindacati ad eccezione della Cgil.

L’accordo in esame attua, per le imprese associate alla Confindustria, i principi contenuti nell’accordo-quadro di gennaio e ha carattere sperimentale per quattro anni, fino all’aprile 2013.

Il primo obiettivo dell´accordo è rendere meno conflittuali le fasi di contrattazione collettiva. Vengono infatti indicati ampi periodi di tempo per la presentazione delle piattaforme in situazione di “tregua sindacale” che consentiranno di rinnovare i contratti prima della loro naturale scadenza. Contestualmente … favorire la contrattazione di secondo livello specie per la parte economica, secondo il modello prevalente in Europa, in modo da consentire reali scambi fra maggiore retribuzione, resa più “pesante” in virtù di sgravi contributivi e fiscali, e raggiungimento di obiettivi di efficienza e produttività. Infine … mantenere alla contrattazione nazionale di settore il compito di garantire le tutele comuni per tutti i lavoratori, assicurando una garanzia di crescita economica anche nelle situazioni, marginali, in cui il lavoratore opera in azienda che non ha mai fatto contrattazione e non ha mai riconosciuto trattamenti economici aggiuntivi rispetto a quanto dovuto per contratto nazionale.

Di seguito sintetizziamo gli elementi qualificanti dell´accordo.

La durata della contrattazione collettiva è triennale.

Viene confermata l´articolazione della contrattazione collettiva su due livelli, nazionale di categoria - che garantisce sostanzialmente il potere d’acquisto delle retribuzioni - ed aziendale - che collega gli interventi retributivi al raggiungimento di obiettivi di produttività ed efficienza.

Viene confermato il principio del “ne bis in idem”: nella contrattazione aziendale non si possono riproporre questioni che siano già state negoziate in altri livelli di contrattazione.

E’ possibile derogare il contratto nazionale per governare meglio situazioni di crisi aziendali o rendere particolari aree del Paese più attrattive per nuovi investimenti.

E’ prevista una nuova metodologia per la determinazione dell’inflazione ai fini degli aumenti salariali nei contratti nazionali. Un Istituto scelto dalle parti avrà l’incarico di fornire un nuovo indicatore previsionale costruito sulla base dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l’Italia (IPCA), depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati. Tale soluzione, applicata alla base di computo che sarà valorizzata in ciascun contratto nazionale e garantita dal recupero di eventuali scostamenti fra inflazione prevista e quella realmente registrata, assicurerà la salvaguardia del potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali.

L’accordo prevede l’attivazione di un “elemento di garanzia” - nella misura e alle condizioni concordate nei contratti nazionali - a favore dei lavoratori dipendenti da aziende prive della contrattazione di secondo livello e che non percepiscono altri trattamenti economici individuali o collettivi oltre a quanto spettante per contratto nazionale.

Ai contratti nazionali è attribuita la possibilità di concordare linee guida utili a definire “modelli di premio variabile” per la diffusione della contrattazione di secondo livello nelle PMI.

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