A Milano, Palazzo Reale, fino al 21 settembre

Piero Guccione Opere 1963/2008

  Cultura e Spettacoli  

L’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, fino al 21 settembre 2008, presenta a Palazzo Reale Piero Guccione – Opere 1963/ 2008 una mostra nata da un progetto di Vittorio Sgarbi e organizzata da Torcular. Dopo l’antologica di Palazzo Dugnani del 1986, e la rassegna di opere recenti del 1998, a Palazzo Reale, torna a Milano, nella stessa sede dell’ultima esposizione, Piero Guccione, uno dei massimi esponenti in assoluto della figurazione contemporanea, non solo nazionale.   

L’esposizione, composta da circa ottanta opere, realizzate nelle tecniche predilette dell’olio su tela e del pastello su carta, ripercorre quasi per intero, dal 1963 ai nostri giorni, la carriera e il cursus espressivo di Guccione, nel suo evolversi come un tragitto di andata e ritorno, logistico e intellettuale, dal luogo natale a quello dell’iniziazione culturale, e viceversa.

Si parte dagli anni romani, quando il siciliano Guccione, nato a Scicli (RG) nel 1935, dopo la formazione all’Accademia delle Belle Arti e in parallelo al coinvolgimento in alcune missioni archeologiche nel Sahara, si afferma subito come uno degli uomini di punta della Nuova Figurazione locale, fra impegno sociale, fedeltà all’arte mimetica, autonomia lirica e dimensione esistenziale, guardando sia a Renzo Vespignani, con il quale condivide la militanza nel gruppo ‘Il Pro e il Contro’ (1961-64, insieme a Attardi, Aymonino, Calabria, Guerreschi, Gianquinto, Farulli, Ferroni, i critici Micacchi, Del Guercio, Morosini), sia a Renato Guttuso, di cui è assistente all’insegnamento, ma del quale non condivide le medesime inclinazioni espressioniste. Tipici della cifra di Guccione di questi anni, fondata su un grande magistero tecnico, ma dal taglio modernamente innovativo, sono i Muri, i Balconi, i Giardini, le Finestre, le Attese, con gli oggetti che diventano il correlativo tangibile della condizione psicologica, poeticamente assorta, di chi li evoca; soprattutto i paesaggi “modernizzati”, inclusi, piuttosto impropriamente, nell’iconografia della Pop Art italiana, con scenari naturali di sapore antico, memori dell’eredità classica, che vengono contaminati dai segni ingombranti della civiltà industriale.

Nel 1979, seguito da Sonia Alvarez, Guccione torna a Scicli, dai cui dintorni non si sarebbe più mosso, e dove sarebbe diventato di riferimento a uno specifico gruppo di artisti (fra gli altri, Sonia Alvarez, Franco Sarnari, Franco Polizzi, Carmelo Candiano, Giuseppe Puglisi, Giuseppe Colombo, Giovanni La Cognata, Piero Roccasalva, Gugliemo Puzzo, Salvatore Paolino, Piero Zuccaro), accomunati da analoghe finalità espressive. La natura, mitica, eterna, mediterranea, rappresentata nell’intento di cogliere il passaggio dallo stato di contemplazione al sentimento dell’assoluto, diventa il tema dominante dell’arte di Guccione. Se, fino ai primi anni Ottanta, Guccione è ancora interessato a esplorare i confini fra realismo e astrazione, nei successivi si concentra su una natura sempre più rarefatta nelle geometrie essenziali che le inquadrature, da obiettivo fotografico, accentuano al massimo, esaltando, per esempio, il significato simbolico dei carrubi, residui di tempeste nei pastelli della serie Dopo il vento d´Occidente,o delle linee d’orizzonte, che sfumano le differenze fra entità supreme come il mare, prediletto dall’artista, il cielo, la terra. E’ diventato il Romanticismo ottocentesco di Friedrich e di Leopardi, fra senso nordico del sublime e mediterraneo dell’infinito, il principale referente culturale di Guccione, ispirando per i suoi paesaggi siculi, immersi in silenzi metafisici che la presenza dell’uomo può solo intaccare, inesauribili varianti, tipologiche, cromatiche, liriche, ma tutte riportabili ad un’unità originaria, un bisogno interiore di purezza primordiale. Nel contempo, Guccione non abbandona la riflessione sulla storia dell’arte, confrontandosi direttamente, nella serie dei d’après, con alcuni celebri capolavori, fra gli altri, dell’amato Michelangelo, di Masaccio, Caravaggio, Giorgione, Vermeer, Signorelli, Le Nain; né il carattere filosofico della sua arte gli impedisce di cimentarsi con applicazioni diverse della sua poetica, in particolare con l’illustrazione e la scenografia.

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