Something Good di Luca Barbareschi con Luca Barbareschi, Zhang Jingchu, Kenneth Tsang

14 novembre 2013


Luca Barbareschi è personaggio assai controverso, a cavallo tra mondo dello spettacolo e mondo politico. Ex deputato del PdL, passato brevemente nella nuova formazione di Gianfranco Fini (di cui declama il "Manifesto per l’Italia" al convegno fondativo), poi tornato nelle braccia di Berlusconi (in cambio, sospetta la Procura, di appalti concessi dalla RAI alla sua casa di produzione).

Altrettanto contrastanti appaiono alcune sue prese di posizione, da una parte i proclami secondo cui la destra dovrebbe occupare la RAI per combattere il predominio degli intellettuali di sinistra, dall‘altra il sostegno alle campagne per la protezione dell‘infanzia da violenza e pedofilia.

Con questo film Barbareschi si lancia in una nuova crociata di impegno civile, quella contro le sofisticazioni alimentari. La storia parte in un piccolo villaggio nella regione dello Yunnan, in Cina, dove una giovane donna, Xiwen, perde il suo unico bambino, Shitou, che muore avvelenato da un alimento adulterato.

Nello stesso momento, dall’altra parte del mondo, Matteo lavora per conto del gruppo Feng, una multinazionale con sede ad Hong Kong che, fra molti altri affari, traffica cibo contraffatto nel mondo. Per evitare l’arresto da parte delle autorità italiane che gli stanno dando la caccia, Matteo fugge dall’Italia riuscendo a salvare dal sequestro un prezioso carico di alimenti adulterati del gruppo Feng.

Poche settimane dopo, a Hong Kong, il fondatore e presidente dell’omonimo gruppo, Mr. Feng, nomina Matteo responsabile del traffico internazionale di alimenti: inizia una scalata al successo senza scrupoli. Tempo dopo ad Hong Kong Matteo è a un passo dalla nomina ad amministratore delegato del gruppo Feng dopo una lunga serie di successi ottenuti conquistando i mercati con alimenti a prezzi stracciati ma dal contenuto rivoltante.

È proprio in questo momento di massimo prestigio che Matteo incontra Xiwen. Il trafficante di cibi adulterati e la donna che a causa di quel traffico ha perso un figlio, si conoscono per caso nel ristorante che lei ha aperto in memoria del bambino, per compiere una personale battaglia per l’autenticità degli alimenti.

Nasce così poco alla volta una relazione che alla fine porterà Matteo a capire la gravità dei suoi precedenti comportamenti e a fare di tutto, fino al sacrificio personale, per spezzare i loschi traffici di Feng e assicurare un futuro sereno a Xiwen e al bambino frutto della loro breve relazione. Il finale con il bambino, che riecheggia il finale di "Ritorno a Cold Mountain", è la scena più toccante del film.

Per il resto il film, nonostante l‘evidente impegno della produzione e le affascinanti atmosfere di Hong Kong, non suscita eccessive emozioni. Il tema, le sofisticazioni alimentari, è sicuramente attualissimo per la tragicità con cui ogni giorno vengono riportate sui giornali, sia in Europa che in tutto il mondo; morti sospette o virus conclamati che sono spesso il risultato di contraffazioni di alimenti.

La vicenda appare però calligrafica, con la redemption story del protagonista che vira troppo facilmente verso l‘happy end. Si nota inoltre in sottofondo un filo di razzismo, perchè Matteo è sì un delinquente italiano, ma egli raggiunge nella sua cialtroneria un suo cupo eroismo, e brilla della sua redenzione finale, mentre i membri cinesi del gruppo Feng sono il non plus ultra del cinismo e della bassezza morale, pronti a commissionare l‘omicidio dei propri stessi figli pur di fare la fortuna del gruppo.

Ugo Dell’Arciprete