La riforma della previdenza complementare, attuata con il Decreto legislativo n. 252/05 ed entrata in vigore dal 1° gennaio 2007, interessa tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e i lavoratori autonomi. La specifica disciplina sul conferimento del Trattamento di fine rapporto alle forme pensionistiche complementari, naturalmente, trova applicazione solo con riferimento ai lavoratori dipendenti.

La previdenza complementare: finalità e campo di applicazione

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Il sistema pensionistico italiano, che ha subito dagli anni novanta un processo di riforma per contenere la spesa pensionistica al fine di garantirne la sostenibilità, è incentrato su due “pilastri”:

- il primo è rappresentato dalla previdenza obbligatoria (erogata da Inps, Inpdap, Casse professionali, ecc.) ed assicura la pensione di base;

- il secondo è rappresentato dalla previdenza complementare per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio al fine di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale.

Per i lavoratori entrati nel mondo del lavoro dopo il 1° gennaio 1996 o con pochi anni di servizio a quella data, infatti, la pensione pubblica sarà notevolmente inferiore all’ultimo stipendio percepito. Per attenuare tali effetti, la riforma ha previsto la possibilità di aderire alle forme pensionistiche complementari per affiancare alla pensione obbligatoria una pensione aggiuntiva volta a contribuire al sostegno del tenore di vita nell’età anziana.

Lo Stato favorisce tale scelta prevedendo, per chi si iscrive ad una forma pensionistica complementare, particolari vantaggi fiscali non altrimenti ottenibili scegliendo altre forme di investimento del risparmio.

 

Per consentire la formazione di una pensione complementare di importo più significativo, il Decreto legislativo 5 dicembre 2005 n. 252 prevede che i lavoratori dipendenti privati possano scegliere di destinare alle forme pensionistiche complementari il proprio Trattamento di Fine Rapporto, vale a dire la somma che viene corrisposta dal datore di lavoro al lavoratore al termine del rapporto di lavoro dipendente.

 

Il trattamento di fine rapporto si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91 % della retribuzione lorda. La retribuzione utile per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. Gli importi accantonati sono rivalutati, al 31 dicembre di ogni anno, con l´applicazione di un tasso costituito dall´1,5% in misura fissa e dal 75% dell´aumento dell´indice dei prezzi al consumo Istat. Al momento della liquidazione, il Trattamento di Fine Rapporto è tassato, in linea generale, con l’applicazione dell’aliquota IRPEF media del lavoratore nell’anno in cui è percepito. Per la parte di Trattamento di Fine Rapporto che si riferisce agli anni di lavoro decorrenti dal 1° gennaio 2001, l’amministrazione finanziaria provvede poi a riliquidare l’imposta, applicando l’aliquota media di tassazione del lavoratore degli ultimi 5 anni.

 

La Legge finanziaria 2007 ha anticipato al 1° gennaio 2007 l’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 252/05, inizialmente fissata al 1° gennaio 2008.

Il Decreto legge 13 novembre 2006, n. 279 prevede che il versamento dei flussi di Trattamento di Fine Rapporto e altri contributi, relativi al periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 giugno 2007, sia differito al 1° luglio 2007 e possa avvenire solo a condizione che la forma pensionistica complementare destinataria della scelta del lavoratore abbia nel frattempo ricevuto l’approvazione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP).

Per quanto riguarda la scelta da compiere in ordine alla destinazione del Trattamento di Fine Rapporto, è bene tenere presente che l’adesione alle forme pensionistiche complementari, pur non essendo obbligatoria, è un importante strumento finalizzato ad evitare di trovarsi nell’età anziana privi dei mezzi necessari a mantenere il precedente tenore di vita. Non aderendo, si rinuncia, inoltre, ad una serie di vantaggi:

- alla contribuzione del datore di lavoro, se prevista

- alla deducibilità fiscale dei contributi versati

- ad un regime fiscale dei rendimenti e delle prestazioni di particolare favore

- ai rendimenti prodotti dal mercato finanziario, che negli ultimi anni sono stati nettamente superiori rispetto alla rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto.

Inoltre, con la scelta di conferire il Trattamento di Fine Rapporto R ad una forma pensionistica complementare non solo non si perde la possibilità di ottenere anticipazioni per far fronte alle proprie esigenze personali e familiari ma l’importo anticipabile riguarderà, oltre al Trattamento di Fine Rapporto, anche il proprio contributo, quello del datore di lavoro e i rendimenti conseguiti.

La previdenza complementare, pur essendo diretta, principalmente, alla formazione di una rendita aggiuntiva alla pensione di base, offre, comunque, la possibilità di percepire, dal momento del pensionamento, la prestazione in capitale di regola fino alla metà della posizione accumulata.

Una normativa specifica estenderà il campo di applicazione della riforma anche ai pubblici dipendenti ai quali continua, per ora, ad applicarsi la disciplina previgente.

Giovanni Scotti

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