L’ex coniuge ha diritto ad una percentuale del TFR se non è passato a nuove nozze ed è già titolare di assegno di divorzio

TFR: il calcolo della quota spettante all’ex coniuge

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L’art. 12 bis della Legge n. 898/70 riconosce all’ex coniuge, titolare dell’assegno divorziale e che non ha contratto un nuovo matrimonio, il diritto a ricevere una quota parte dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Ricordiamo che l’indennità di fine rapporto è un istituto che spetta in tutti i casi di cessazione del rapporto ed è un vero e proprio compenso non disponibile immediatamente, ma differito al momento della cessazione del rapporto per far fronte alle difficoltà economiche connesse con il venir meno della retribuzione. L’istituto è stata riformato dalla Legge n. 297/82 che ne ha rivisto il nome ed il sistema di calcolo. Fino al 30 maggio 1982, infatti, era determinato moltiplicando l´importo dell´ultima mensilità di retribuzione per il numero degli anni di servizio prestati, ma, a partire dal 1° giugno di tale anno, viene calcolato accantonando, anno per anno, un importo pari alla retribuzione annuale complessiva divisa per 13,5. Per legge tale importo viene rivalutato annualmente in base all´andamento dell´indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall´Istat. Con la riforma l’istituto ha preso il nome di trattamento di fine rapporto.

Ma, ritornando al nostro argomento, la norma precisa anche che la quota spettante all’ex coniuge è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è conciso con il matrimonio.

Come ha precisato la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 23/91, con tale disposizione il legislatore ha voluto riconoscere all’ex coniuge il contributo, personale ed economico, apportato alla formazione del patrimonio di ciascuno ed a quello comune ed assicurare una maggiore protezione al coniuge economicamente pregiudicato dagli effetti della cessazione del matrimonio.

La Corte di Cassazione, che è intervenuta più volte sull’argomento, con la sentenza n. 15299 del 6 luglio 2007, ha ribadito il criterio cui i giudici si debbono attenere per definire l’ammontare della quota dell’indennità di fine rapporto spettante all’ex coniuge.

Il caso in esame riguarda una coppia di ex coniugi. La ex moglie, titolare di assegno di divorzio, ha chiesto al Tribunale di Bologna di determinare la quota dell´indennità di buonuscita, percepita dall´ex coniuge all´atto della cessazione del rapporto di lavoro. Il tribunale ha condannato il convenuto al pagamento della somma di 53.008,45 euro, detratta la minore somma già versata dal convenuto a tale titolo. L’ex marito ha impugnato la sentenza, deducendo che la quota dell´indennità spettante all´ex coniuge doveva essere calcolata sull´importo dell´indennità maturato nel periodo di corrispondenza tra rapporto di lavoro e rapporto matrimoniale e non sull´importo dell´indennità percepita all´atto della cessazione del rapporto di lavoro, come invece statuito dal tribunale. La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado. L’ex marito ha promosso ricorso per Cassazione. Ma la Corte ha ritenuto il ricorso infondato.

Secondo i giudici, infatti, il primo comma dell´art. 12 bis statuisce che il coniuge nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di divorzio, ha diritto, se non passato a nuova nozze e in quanto sia titolare di assegno, ad una percentuale dell´indennità di fine rapporto percepita dall´altro coniuge all´atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l´indennità viene a maturare dopo la sentenza. Pertanto, la norma attribuisce il diritto a una percentuale dell´indennità di fine rapporto percepita dall´altro coniuge all´atto della cessazione del rapporto di lavoro, così stabilendo, in modo inequivoco, la base di calcolo della percentuale, che viene poi stabilita al comma successivo, identificandola nella indennità percepita all´atto della cessazione del rapporto di lavoro.

Il secondo comma, poi, nello stabilire la percentuale, statuisce che tale percentuale è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

In relazione a quanto già stabilito nel primo comma circa la base di calcolo della percentuale, come si evince dalle parole iniziali del secondo comma, scopo della norma è solo ed unicamente di stabilire la percentuale da computarsi su detta base di calcolo.

Se si leggono le due norme nella loro coordinazione, proseguono i giudici nella motivazione, l´indennità dovuta dove computarsi calcolando il 40% dell´indennità totale percepita alla fine del rapporto di lavoro, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il rapporto matrimoniale. Questa interpretazione, ha sottolineato la Corte, coincide, in aderenza al dettato dell´art. 12 della disposizioni preliminari al codice civile, con il tenore dell´articolo secondo la connessione tra i suoi due commi.

Pertanto, se si deve procedere al calcolo della quota dell’indennità di fine rapporto spettante all’ex coniuge, occorre, in primo luogo, dividere l’importo totale dell’indennità di fine rapporto percepita all’atto della cessazione per il numero di anni del rapporto di lavoro e moltiplicare l’importo ottenuto per il numero di anni del matrimonio. Su quanto risulta da tali operazioni deve poi essere calcolato il 40% spettante all’ex coniuge.

Dal 1° gennaio 2007, naturalmente, il discorso in esame vale solo per coloro che hanno scelto o che scelgono in fase di assunzione di mantenere il trattamento di fine rapporto nella sua forma originale e di non destinarlo alla costruzione di una pensione integrativa.

Giovanni Scotti

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