L’Inps con il messaggio 13279 del 25 maggio 2007 ha fornito chiarimenti in merito a tale istituto

Congedo maternità: flessibilità

  Novità aziendali   

Le lavoratrici dipendenti debbono astenersi obbligatoriamente dal lavoro nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi alla data effettiva del parto.

Le lavoratrici, che svolgono lavori faticosi o pericolosi e non possono essere adibite ad altre mansioni, e quelle che soffrono per particolari patologie, preesistenti alla gestazione o verificatesi in seguito, possono anticipare "per rischio" il periodo di astensione obbligatoria precedente al parto, su autorizzazione dell´Ispettorato del Lavoro. Per motivi analoghi e su segnalazione del datore di lavoro, l´Ispettorato ha anche la facoltà di posticipare il ritorno della madre al lavoro, fino al 7° mese successivo al parto.

La Legge n. 53/00 ha introdotto la flessibilità dell´astensione obbligatoria, cioè la possibilità per la lavoratrice di posticipare la sospensione del lavoro al mese precedente la data presunta del parto; il periodo non goduto sarà così fruito dopo la nascita del bambino, a condizione che lo specialista del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato e il medico responsabile della sicurezza nei luoghi di lavoro, nel caso in cui la lavoratrice dipenda da un´azienda soggetta a controlli sanitari (ad esempio: azienda industriale), attestino che tale situazione non arreca pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro. Se manca l´obbligo per l´azienda del medico competente, tale funzione spetta al ginecologo.

Ferma restando la durata complessiva del congedo di maternità (ordinariamente 5 mesi), la flessibilità consente alla lavoratrice in gravidanza di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto (cioè dal 9° mese di gravidanza) fino ai quattro mesi successivi al parto, a condizione che il ginecologo del SSN (o con esso convenzionato) e, ove previsto, il medico competente preposto in azienda alla tutela della salute sui luoghi di lavoro, attestino che la permanenza al lavoro nel corso dell’8° mese di gravidanza non sia pregiudizievole alla salute della gestante e del nascituro (art. 20 Decreto Legislativo n. 151/01).

Con circolari n. 109/00 e n. 152/00, l’Inps ha fornito le prime istruzioni dirette ad attuare l’istituto in esame, anche sulla base delle disposizioni impartite dal Ministero del Lavoro con circolare n. 43/00.

Il Ministero, individuati i presupposti in presenza dei quali è possibile la permanenza al lavoro della lavoratrice durante l’8° mese di gravidanza, ha precisato che l’interessata “deve presentare apposita domanda di flessibilità al datore di lavoro ed all’Inps, quale ente erogatore dell’indennità di maternità, corredata della o delle certificazioni sanitarie attestanti i predetti presupposti, acquisite nel corso del 7° mese di gravidanza.

L’art. 16, lett. a, del Decreto legislativo n. 151/01 dispone che il datore di lavoro non può adibire al lavoro le donne a partire dai due mesi precedenti la data presunta del parto (ossia a partire dall’inizio dell’8° mese di gravidanza e l’art. 21 dello stesso provvedimento prevede che la lavoratrice in gravidanza, prima dell’inizio del periodo “ordinario” di congedo, cioè entro la fine del 7° mese, deve consegnare al datore di lavoro ed all’Inps, quale ente erogatore dell’indennità economica, il certificato medico attestante la data presunta del parto.

A partire dall’8° mese di gravidanza, pertanto, la lavoratrice ha il diritto/dovere di astenersi dall’attività lavorativa, salvo che la stessa non abbia esercitato l’opzione per la flessibilità, comprovando, entro la fine del 7° mese, con specifiche certificazioni sanitarie, che la prosecuzione dell’attività nell’8° mese è compatibile con l’avanzato stato di gravidanza.

Se tale compatibilità non fosse tempestivamente e sufficientemente provata per carenza di documentazione oppure per tardiva esibizione della stessa, il datore di lavoro che consentisse, comunque, la prosecuzione dell’attività da parte dell’interessata durante l’8° mese, incorrerebbe nella sanzione dell’arresto fino a sei mesi.

L’indebita permanenza al lavoro della lavoratrice determinerebbe la perdita del diritto all’indennità per le relative giornate e la non computabilità nel periodo post partum delle giornate medesime (art. 22 Dpr n. 1026/76).

In caso di riduzione del periodo di flessibilità, correttamente esercitata, su istanza della lavoratrice o per fatti sopravvenuti (es. evento morboso), il periodo post partum si prolungherà non per un mese intero, ma per un numero di giornate pari a quelle lavorate durante l’8° mese.

Le domande di flessibilità possono essere presentate in carta semplice oppure compilando lo specifico riquadro presente nel modello Mod.Mat ed allegando sempre idonee certificazioni sanitarie, rilasciate in data non successiva alla fine del 7° mese ed attestanti la compatibilità dell’avanzato stato di gravidanza con la permanenza al lavoro fin dal primo giorno dell’8° mese.

Vengono invece respinte dall’Inps le domande di flessibilità con allegate certificazioni sanitarie con data successiva alla fine del 7° mese.

Giovanni Scotti

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