FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 1, 7 gennaio 2016

Cultura e Spettacoli, Spettacoli

Assolo di Laura Morante
La commedia è nelle sale dal 5 gennaio distribuito da Warner Bros Pictures

Un felice esordio, o quasi, per Laura Morante che si era già cimentata con la regia con un’altra opera.

"Assolo" è una conferma brillante che tra allusioni, simboli, echi felliniani, racconta con intensità, ironia e mano ferma il disagio di Flavia per la sua improvvisa dimensione di single.

Dopo due matrimoni falliti, due figli, Flavia (Laura Morante), una donna di cinquanta anni, vive insensati rapporti con le mogli altrui, amicizie sbilenche, amanti inaffidabili e complessi di vario tipo.

Tutta la sua vita è segnata da una profonda e devastante infelicità in quanto è afflitta da una patologica insicurezza che la rende dipendente dagli altri: cerca così conforto nello studio di una psicanalista, nell'affetto di una cagnetta maltrattata dai vicini e nelle avances di un collega di lavoro.

Può una donna che non si ama, essere amata? Questa la domanda, semplice e definitiva, che si pone Willi (Gigio Alberti), uno dei due ex mariti di Flavia (l'altro è Gerardo, interpretato da Francesco Pannofino), da sempre incapace di vivere la propria solitudine senza doversi necessariamente affidare ad altri, che siano i colleghi di lavoro (come Marco, Marco Giallini), i figli con cui non riesce ad aprirsi, Valeria, l'amica “babbiona” gelosa dell'ex marito (Angela Finocchiaro), l'esuberante istruttore di guida (Antonello Fassari), Evelina, la massaggiatrice tutta d'un pezzo e piena di vita che, però, cede alle botte del geloso compagno (Donatella Finocchiaro) o la dottoressa Grunewald, la saggia, ma misteriosa psicanalista (Piera Degli Esposti), che deve sbloccare una donna da sempre con il freno a mano tirato.

Dopo Ciliegine, candidato ad un Nastro come miglior commedia e ad un David per l'esordio dietro la macchina da presa, Laura Morante torna così nelle vesti di regista, sceneggiatrice e protagonista con questo suo secondo lavoro, ambizioso, coraggioso e promettente.

Costruito come una lunga seduta psicanalitica, il film alterna realtà e finzione, ricordi e visioni oniriche: raggiungendo un’ottima armonia dal punto di vista del racconto e dell’eleganza.

Interessante il ritratto della protagonista che sembra un autoritratto.

Nell'impaurito mondo di Flavia esistono solo e soltanto rapporti malati e per lei limitanti, evidenziati fin dall’inizio dal cinico e devastante sogno mortuario in cui tutti i maschi che hanno contraddistinto la sua esistenza vivono quasi con indifferenza, per non dire fastidio, il suo funerale.

Tra iniziazione all'autoerotismo, lezioni di tango in cui attendere con trepidazione quel compagno di ballo che tarda ad arrivare, pochi e amari sorrisi seminati qua e là e quella temuta boa del mezzo secolo di vita che anche in ambito lavorativo si fa tremendamente pesante, la Morante riesce a superare le secche della tortuosità psicoanalitica e del “parlarsi addosso”.