FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 16, 30 novembre 2006

Cultura e Spettacoli, Editoria e comunicazione

Esperienze e paesaggi dell’abitare: itinerari nella regione urbana milanese
L’Editore Abitare Segesta ha pubblicato una ricerca promossa da AIM e sviluppata da Arturo Lanzani, Elena Granata, Christian Novak, Daniele Cologna, Isabella Inti con saggi di Stefano Boeri, Giovanna Fossa, Pier Giuseppe Torrani e un racconto-intervista di Ermanno Olmi

Spesso il racconto urbanistico assume le forme di una grande narrazione, entro la quale si muovono corruttori ed eroi, in un’alternanza di epiche battaglie, di sconfitte, di qualche rara vittoria. In altri casi la grande narrazione si focalizza sui processi di adeguamento della città e del territorio al nuovo ciclo economico e sociale, alle nuove condizioni generali della società e dell’economia; valuta le ragioni di eventuali resistenze al mutamento o le possibilità di politiche che favoriscano, accompagnino o accelerino questo adeguamento. Quasi sempre è un racconto con pochi attori - promotori, costruttori, politici, funzionari - analizzati nelle loro interazioni e con pochi oggetti - gli spazi e le architetture - che queste interazioni lasciano sul territorio.

Il volume “Esperienze e paesaggi dell’abitare” propone, forse, un punto di vista inusuale. Esso pone al centro le pratiche dell’abitare e i paesaggi ordinari della regione urbana, entro un racconto dell’urbanistica, che “non cerca nella realtà ciò che è eccezionale”, i grandi interventi, gli eventi più sorprendenti, ma piuttosto “cerca di guardare in modo eccezionale la realtà” (Olmi): la quotidianità dell’abitare e i paesaggi ordinari. Al centro di questo racconto vi è, dunque, l’abitare. Un tema polisemico che può essere osservato da molte angolature, come insieme di pratiche, di abitudini, di tradizioni legate ad un gruppo sociale, come tema progettuale che coinvolge competenze tecniche, professionalità, o ancora come scenario di politiche urbane, sociali, economiche, che coinvolge direttamente l’azione di tecnici e amministratori locali.

La ricerca vuole esplorare l’abitare nel suo significato più ampio che non si esaurisce nell’oggetto della casa, ma è una esperienza, un processo che ci riporta ai soggetti, agli “abitanti”, alle loro storie, alle loro biografie, così spesso ignorate e rimosse dai fautori del libero mercato urbano, dalle politiche e dai piani urbanistici, sempre più focalizzate sul confronto tra pubblica amministrazione e promotori immobiliari. L’abitare, tuttavia, non si esaurisce neppure nella “vita” che attraversa la casa, nella relazione mutevole tra questo interno e i suoi abitanti, che spesso sovvertono ordinamenti tipologici, funzionali, sociali (ad esempio, nella cascina riabitata, nel loft, nell’edilizia popolare riscattata). Si abita pertanto non solo la casa, ma anche un vario insieme di spazi esterni prossimi all’abitazione, il cortile, la panchina sotto casa, la strada, e pure una pluralità di “spazi di vita” variamente ubicati e diffusi (il supermercato, il treno e la metropolitana dei movimenti ripetuti quotidiani, il marciapiede all’uscita della scuola dei figli, il grande parco metropolitano, la rete discontinua di luoghi condivisa da una comunità di pratiche sportive, culturali). Nell’esperienza dell’abitare si incontra così non solo lo spazio della casa, ma anche quella più ampio, aperto e relazionale del paesaggio. Un paesaggio intrecciato e impensabile fuori dall’esperienza del soggetto, ma irriducibile ad ogni semplificazione iper-soggettivistica, così tipica della contemporaneità, perché altresì legato sia alle relazioni interpersonali che emergono nello spazio pubblico, alla sua costitutiva dimensione di immagine ed esperienza intersoggettiva.

Come sta cambiando il nostro modo di abitare? Alcune immagini, alcuni quadri, tratteggiano le trasformazioni in corso nel tentativo di raccontare la pluralità dei modi d’abitare.

L’abitare come mestiere.

Un tempo la casa era un dato, un sito naturale che ospitava la famiglia e il suo futuro, un elemento di stabilità legato ad un progetto ed al suo sviluppo; la casa era il segno esplicito di uno status, di una posizione sociale, raggiunta o mancata. Oggi non sono più così certe quelle variabili che rendevano vera quella equazione, o comunque non sono più sempre valide: lavoro, casa, famiglia, luogo. Il fatto più evidente è certamente il venire meno della linearità di alcune sequenze, quella che Richard Sennet definisce “la linearità del tempo delle nostre vite. Oggi questa linearità di sequenze sembra essere compromessa. E l’abitare si configura sempre più come un mestiere, un fare, esercizio di una radicale libertà che si muove tra un insieme di vincoli e di opportunità e risente dei diversi gradi di capacitazione degli individui.

L’abitare tra interno ed esterno.

Il secondo quadro sottolinea la rilevanza che lo spazio interno ha avuto storicamente nell’abitare lombardo e milanese, la successiva riduzione a puro bene di confort avvenuta nell’ultimo cinquantennio. Esso tuttavia osserva anche tracce di una recente parziale estroversione dell’abitare entro la quale assumono rilevanza il tema della mixitè degli spazi e delle attività, della natura dello spazio di prossimità, della possibile porosità e trascalarità degli spazi dell’abitare. Più in particolare si interroga sulla possibilità che la ricerca di specifici “paesaggi” dell’abitare ha di riscoprire la dimensione relazionale dell’abitare, del suo costruirsi nella relazione con gli altri, prossimi e lontani, e con gli spazi e gli oggetti che circondano la casa.

L’abitare tra lavoro e rendita.

Il terzo quadro si sofferma sul peso di alcune “forze” che strutturano il campo entro cui si muovono le pratiche dell’abitare. In particolare al centro della scena è il passaggio da un legame stretto tra la casa e il lavoro ad uno sempre più rilevante tra la casa e la rendita. In questo quadro la regione milanese appare sempre più povera di periferie porose complesse contrassegnate dalla presenza di fabbriche e sempre più ci appare come una grande fabbrica intenta a produrre nuove periferie, generalmente frammentate e invisibili, e forse anche per questo ai margini della politica.

Dieci itinerari attraverso la regione urbana scandiscono il racconto.

Sono itinerari geografici che portano il lettore attraverso un viaggio reale dalla campagna della metropoli del sud Milano (lungo i comuni che costeggiano il Naviglio), attraverso alcuni comuni del suo hinterland (Corsico, Rozzano, Assago), attraversando i territori delle nuove residenza urbane, alcune periferie storiche (Bovisa, Bicocca, Affori, Molise Calvairate), alcuni quartieri storici centrali in metamorfosi (Canonica Sarpi, l’Isola,), risalendo la regione urbana lungo la conurbazione della Brianza (Desio, Seregno) fino a Merate. Un viaggio che segue tracce dell’abitare nella sua dispersione più estrema, nei luoghi delle vacanze, della biresidenzialità, della appartenenza a più territori. Il richiamo alle matrici e ai percorsi evolutivi, individuati per ogni itinerario, ha lo scopo di delineare alcuni tratti dei campi strutturati che con i loro vincoli e con le loro possibilità, costituiscono il supporto attivo anche delle più imprevedibili pratiche dell’abitare. Così ad esempio nel primo itinerario il rapporto con la campagna interna alla metropoli, a lungo ignorata dai fenomeni di espulsione residenziale diventa elemento rilevante e costitutivo di molte esperienze dell’abitare che vi stanno più recentemente emergendo.

Sono al contempo itinerari metaforici, punteggiati da storie di case e persone, un coro di voci che in modi differenti raccontano la varietà degli stili di abitare, delle risorse e dei vincoli: andare a vivere nella campagna urbana che circonda le grandi città, senza rinunciare completamente ai benefici del vivere urbano; rimanere presso la famiglia d’origine anche dopo avere terminato gli studi; accudire i genitori anziani, inventando soluzioni abitative d’emergenza; decidere di sposarsi o avviare una relazione di coppia stabile, mantenendo ciascuno la propria casa; cercare comunità di simili con i quali provare ad instaurare rapporti di vicinato pacifici anche se un po’ artificiali, o diversamente tornare a scoprire alcune parti della città per il loro tono di mescolanza; trascorrere la propria vita in bilico tra due case, tra due città, tra due tempi di vita alternativi.

Sono, infine, anche itinerari tematici. L’individuazione seppur in forma accennata e sintetica di possibili di linee d’azione, a conclusione di ogni itinerario, propongono una prima provvisoria riflessione sul ruolo della politica. Nel governo della mixitè e dei conflitti a bassa intensità lungo viale Padova e in alcuni quartieri storici di Milano, ad esempio o ancora nelle politiche della mobilità (collettiva) e degli spazi aperti residui (come oasi di silenzio e rallentamento) nelle medie conturbate della Brianza, ricche di servizi alla persona, ma con una vivibilità ormai sempre più critica. In particolare esse si cimentano con la possibilità di costruire una agenda delle politiche anche complesse e strutturali, ma sempre vicine al mondo di vita dei suoi molteplici abitanti.

Attraversa il racconto un duplice interrogativo. Come dare spazio a quella dimensione di libertà che è costitutiva del mestiere dell’abitare, una pratica attiva, individuale e plurale che spesso viene mortificata dai processi omologanti del mercato o dalla rigidità dei grandi progetti e delle politiche urbane, così come dai vincoli economici, sociali e culturali che frenano l’azione di molti soggetti?

E al contempo. Come ricostruire nella libertĂ  e con leggerezza forme di condivisione tra i soggetti? Come rendere possibili relazioni dense e variegate con i luoghi, con le cose, con il mondo fisico, con la corporalitĂ  del nostro stare nel mondo, troppo spesso negata dalla costruzione di scenografie urbane artificiali, orami sterili campi di esperienze?