FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 10, 22 novembre 2011

Salute, medicina

Caregiver informali in Italia
I protagonisti dell’assistenza domiciliare alle persone anziane ed ai non autosufficienti

Il dossier Io mi prendo cura. Caregiver informali in Italia che il Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia, coordinato dal prof. Marco Trabucchi ha realizzato, con il contributo di TENA, affronta il problema del cosiddetto welfare invisibile, l’assistenza informale, il evidenziandone le possibili soluzioni e risposte.

Nel nostro Paese, il welfare invisibile coinvolge centinaia di migliaia di persone, siano essi familiari, badanti o operatori di istituzioni no profit o di cooperative sociali. E si traduce in un impegno totale di milioni di ore dedicate all’assistenza degli anziani e delle persone non autosufficienti di tutte le età.

Attualmente non esistono dati che offrano un quadro preciso della numerica dei caregiver informali, intesi come coloro che prestano assistenza, o che coordinano le attività di cura di persone anziane e non autosufficienti, ma si stima che siano oltre 6 milioni di italiani, quasi 1 su 10. Gran parte dell’assistenza prestata alle persone non autosufficienti nel nostro Paese proviene ancora dalla famiglia, come aiuto informale, e solo secondariamente dalla rete di servizi pubblici e privati.

Secondo l’approccio culturale familista, per cui i figli che lavorano dovrebbero assistere i propri genitori anziani in caso di bisogno, nel nostro Paese i caregiver familiari sono soprattutto le donne: madri, mogli, nuore e figlie sono i soggetti che, da sempre, all’interno del nucleo familiare, si sono fatte carico delle esigenze dei familiari più deboli. Ma la diminuzione delle famiglie multi generazionali, l’aumento delle famiglie uni-personali e i molteplici ruoli ricoperti, costringono le donne a diminuire il tempo mediamente dedicato al supporto e condividerlo con altre figure esterne.

A fronte di uno dei cambiamenti più importanti della nostra epoca, quale l’aumento dell’aspettativa di vita e la conseguente cronicizzazione delle principali patologie – spiega il Prof. Trabucchi, Direttore scientifico Gruppo Ricerca Geriatrica di Brescia – più nessuno, istituzioni, medici o privati cittadini, può evitare di confrontarsi con una componente così fondamentale dell’organizzazione sociale, quale la rete informale dei caregiver. Un mondo spesso ancora nascosto e scarsamente riconosciuto, fatto di persone che dedicano il proprio tempo all’assistenza di chi è anziano e non più autosufficiente presso il proprio domicilio, trovandosi spesso a gestire anche il quadro clinico-assistenziale relativo alla polipatologia.

Per assistere l’anziano, autosufficiente o no, è quindi sempre più necessario rivolgersi all’esterno della famiglia. Il medico di famiglia, che conosce i bisogni dell’anziano o del malato, è colui che, per primo, consiglia le soluzioni più idonee nell’ambito dell’offerta, molto diversificata, dei servizi a sostegno della non autosufficienza: assistenza domiciliare, residenziale, centri diurni, pasti a domicilio, assistenza infermieristica, sistemi di allarme e soccorso pubblici e privati, associati ad un grande sviluppo dell’assistenza privata che coinvolge soprattutto personale immigrato (badanti), sostenendone la spesa.

La prima risposta, di norma, è il lavoro privato di assistenza da parte degli immigrati, che permette di affrontare esigenze assistenziali di lungo periodo. E’ indispensabile, però, trovare persone che abbiano assolto adeguati percorsi formativi in grado di garantirne un livello di competenza di base ed anche un percorso di crescita professionale.

Quasi sempre i caregiver informali, sia che si tratti di familiare che delle cosiddette “badanti”, arrivano all’attività di cura del tutto impreparati e privi delle conoscenze necessarie a prestare un’assistenza adeguata ai bisogni dell’anziano - spiega la Dr.ssa Loredana Ligabue, Direttore della Cop. Soc.Anziani e Non Solo - Ciò espone a forti rischi derivanti da impreparazione, non consapevolezza del ruolo, burn out. Sovente l’impegno connesso all’attività di cura impedisce la frequenza a corsi organizzati con precise scadenze temporali. Per fare fronte a tali problematiche, e facilitare l’accesso alla formazione, Anziani e Non solo ha messo a punto un sistema formativo accessibile anche on line, che ha consentito a quasi duemila badanti di formarsi come assistenti familiari e a oltre 150 familiari di formarsi al ruolo di caregiver, alla gestione della risorsa assistente familiare, alla relazione con i servizi territoriali nonché a fare fronte a necessità di supporto nelle funzioni di vita quotidiana o di primo soccorso del proprio familiare. La formazione dei caregiver informali è condizione base per la progettazione di una nuova domiciliarità in grado di offrire una qualità di vita connessa a qualità assistenziale - conclude la Dr.ssa Ligabue.

Altre risposte possono essere i servizi formali di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD). L’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) consiste nell’integrazione di interventi di natura sanitaria e di natura sociale, da erogare in modo coordinato e unitario secondo il piano assistenziale individualizzato per dare continuità e integrazione all’assistenza). Il Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD), invece, fornisce all’anziano interventi di sostegno nelle attività della vita quotidiana e nella cura della propria persona.

Info: http://www.tena.it/

Giovanni Scotti