FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 5, 19 maggio 2011

Cultura e Spettacoli, Spettacoli

The Housemaid di IM SANG-SOO
Con JEON Do-youn, LEE Jung-jae, YOUN Yuh-jung, SEO Woo, AHN Seo-hyun nei cinema dal prossimo 27 maggio

Una giovane donna lavora come domestica nella casa di un uomo ricco e potente. Lui la nota e la seduce. Non ha bisogno di usare la forza, la poverina è come schiacciata dal peso di tanta distanza di livello sociale, e accetta supinamente la cosa come un evento naturale, inevitabile.

La vicenda si svolge in Corea, ma non è difficile immaginare che la stessa cosa potrebbe facilmente accadere in un’altra delle società come la Cina o la Russia dove l’improvvisa conversione al capitalismo ha prodotto divaricazioni profonde tra i pochi che si sono enormemente arricchiti e i molti che cercano di tirare avanti in qualche modo. Il problema del divario tocca anche paesi di consolidata democrazia (ad esempio nel 2010 negli USA il 10% della popolazione controllava il 96% della ricchezza), ma almeno in questi resiste ancora un rapporto più dignitoso tra datore di lavoro e collaboratrice familiare.

In The Housemaid il protagonista maschile è Hoon, un giovane manager di una qualche multinazionale, abituato ad essere servito e riverito dai suoi dipendenti, siano essi personale domestico o assistenti sul lavoro. Non li tratta male, anzi, mantiene rapporti formalmente sempre educati, ma l’impressione è quella del monarca illuminato che decide di trattare bene i sudditi per sua gentile concessione, non perché gli riconosca un qualche diritto. In effetti, come racconta alla figlioletta, il suo comportamento è strumentale perché “collaboratori trattati bene rendono di più”.

Hoon in fondo non è antipatico, è amante della cultura ed è un ottimo pianista dilettante,  potrebbe essere un personaggio positivo se non fosse per la supponenza con cui approfitta della domestica Euny quasi come se avesse uno jus primae noctis.

Lei un po’ subisce il rapporto come una prepotenza cui comunque non ci si può opporre, un po’ alla lunga trova gratificante aver attratto l’attenzione di questo uomo così importante. Purtroppo intorno ai due si muovono altri personaggi femminili (la moglie di Hoon, la perfida madre di lei e la vecchia governante) che avevano tutte un rapporto privilegiato con il padrone di casa, e vedono una seria minaccia nell’instaurarsi della sua relazione con Euny.

Per qualche tempo il fuoco cova sotto la cenere, tutte sanno ma fingono di non sapere, sperando che l’infatuazione passi presto. Quando però scoprono che Euny aspetta un figlio da Hoon, il rischio che gli equilibri di casa vengano alterati diventa troppo concreto, e ognuna delle tre fa la sua parte perché la vicenda vada verso un finale tragico.

Estremamente toccante la scena in cui Euny, sapendo prossima la propria fine, va a pregare per l’ultima volta sulla tomba della madre, un povero tumulo di terra coperto di erba, lei che si trova tutti i giorni a lavorare in una dimora principesca, lucida di marmi e ottoni, dove ad ogni cenno dei padroni deve servire loro vini pregiati e raffinati manicaretti.

Il contrasto tra i due stili di vita sembra quasi tanto abissale da essere stato volutamente esagerato dal regista per dare un contenuto didascalico al film, come esempio di una ingiustizia sociale che giustificherebbe una nuova lotta di classe marxista.

Invece lo stesso regista in una intervista dichiara di aver rappresentato un aspetto reale del suo paese: Per me, il soggetto profondo del film, la posta in gioco più importante, era descrivere quelli che chiamo i “super ricchi” del 2010. Persone che vivono dietro un muro, isolati dal resto della società, protetti dal culto del segreto, ma che sono i veri dirigenti della Corea odierna. Capisco che il film possa dare l’impressione di essere un esercizio di stile barocco e stravagante, ma la realtà è che sono obbligato a passare da qui per descrivere queste persone in maniera realistica. Perché è dai loro rifugi dorati, dissimulati dietro un velo misterioso, che orchestrano la nostra società.

The Housemaid è un film che lascia il segno e che va sicuramente consigliato a chi cerca al cinema spunti di riflessione sulla società contemporanea e non soltanto un paio d’ore d’evasione.