FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 2, 11 marzo 2010

In viaggio tra gusto e cultura, In giro per il mondo

Cambogia: pietre nella giungla
Lo spettacolare sito archeologico di Angkor nel Sud Est asiatico

Ad Angkor si può cominciare la visita anche al tramonto. Qualcuno potrebbe stupirsi della proposta insolita: non la visita turistica che si sviluppa ordinatamente nella giornata, ma la scelta a effetto che comincia con la contemplazione silenziosa della luce rossa sulle solenni sagome ogivali di pietra grigia o nera avvolte nella vegetazione lussureggiante e specchiate nell´acqua degli enormi baray, o bacini reali. Lo spettacolo mozzafiato naturalmente è quello di Angkor Wat in Cambogia, il gioiello simbolo di questo sito archeologico, grande 400 chilometri quadrati e scoperto solo nel 1860 dall’esploratore francese Henri Mouhot. Angkor Wat in realtà è una città tempio: chiamarlo tempio sarebbe molto riduttivo, se pensiamo che nell´età d´oro, verso il 1150, era una comunità abitata da centinaia di monaci e migliaia di civili e inservienti, ricca di statue d´oro e d´argento e pietre preziose. Legato alla religione induista, mentre l´altro gioiello, Angkor Thom, sarà ispirato al buddismo, Angkor Wat non finisce di stupire: imponente con le sue enormi torri, solenne con le sue forme compatte ed essenziali che simboleggiano il Monte Meru sede degli dei, ricchissimo nei decori architettonici e nell´eleganza particolareggiata dei bassorilievi, Angkor Wat offre in più, rispetto a tanti altri splendidi monumenti mondiali, il contesto naturale in cui è collocato. È questo il fascino di tutto il sito archeologico di Angkor, patrimonio Unesco dal 1992, che rende la Cambogia un unicum nel panorama delle attrazioni turistiche mondiali. Qui si ammira il lavoro dell´uomo e la ricchezza delle pietre, arenaria, tufo e mattoni rossi, ma si rimane senza fiato davanti alla potenza della natura che invade, avvolge, copre, scalza, solleva, strappa cornici e fondamenta, balaustre, architravi e bassorilievi, e fonde tutto in un amalgama spettacolare. Le radici lunghissime, gonfie come tentacoli, spezzano le pietre e i soffitti, le foglie gigantesche coprono i bassorilievi, creando un incantevole effetto di luce/ombra che accompagna tutti i percorsi tra i templi e, su tutto, sui mattoni dissestati e piegati, dominano silenziosi e altissimi i tronchi di questi giganti della foresta tropicale. Come animali mostruosi,  incombono sulle pietre cadute, sulle figure istoriate danzanti o adoranti nella luce nitida. Le spedizioni di Ernest Doudart de Lagrée e le attente opere di restauro successive, eseguite con il metodo dell’anastilosi che utilizza pietre d’epoca, cominciate nel 1901 ad opera dell’Ecole Francaise d’Extreme Orient, quando la Cambogia era un protettorato francese,  hanno man mano liberato i monumenti dal fitto manto vegetale che li ricopriva fino a renderli irriconoscibili. Tanto che molti dei templi erano stati ritenuti all´inizio delle vere e proprie colline, anche per la loro tipica sagoma di tempio-montagna, sede del dio-re. In qualche caso, però, si è deciso di lasciare libera la natura perché eliminare la vegetazione rischiava di far crollare tutto e per far capire l´effetto dello sguardo originario posato su Angkor dagli occidentali. L´esempio più famoso è il Ta Phrom, un tempio orizzontale fotografatissimo, purtroppo, da decine di turisti, che si accalcano tra le rovine, ma affascinante, perché letteralmente avviluppato in un intrico verde. Un senso di disfacimento e di potenza scomparsa attraversa l´effetto grandioso delle radici sopra il tempio, delle foglie dorate contro sole, della vegetazione tra le rovine verdastre di muffa, le sculture a petali di fior di  loto, ghirlande, canne da bambù. Se è possibile, con più giorni a disposizione, è meglio visitare, con l´assistenza di una buona guida, anche i templi meno conosciuti e lontani, come il Pre Rup, il Prasat Kravan, il Thomannon, il Neak Pean, che, oltre all’intrico vegetale conservano anche il fascino del silenzio e della solitudine. Un fascino ancora più vicino all´atmosfera della scoperta, quando pochi audaci osavano avventurarsi in questa foresta tropicale quasi inaccessibile, sull´onda di resoconti di viaggio. I più famosi furono il Voyage à Siam et dans la Cambodge di Mouhot e il Voyage d’exploration en Indo-Chine che cominciarono ad attrarre primi turisti dall´Europa, tanto che nel 1907 i turisti furono addirittura 200! In questa atmosfera silenziosa e solitaria, nel sottile gioco di luci e ombre del fogliame, si rimane incantati davanti ai frontoni con le scene del Ramayana, i Naga, serpenti a sette teste, gli enormi Garuda, i fiori di loto, i grandi parasole, le finestre a colonne ritorte a canna di bambù, la lunga sequenza di corridori e celle per i monaci dalle volte strette, in cui il fedele deve abbassare il capo, le lunghissime, ripide scalinate che portano in cima alle terrazze dove si domina dall´alto il fitto manto verde. Dalle terrazze, tra i leoni guardiani che guardano l´orizzonte, si scorgono in basso, tra gli alberi, gli elefanti che incedono a passo cadenzato per portare i turisti in cerca di emozioni d’antan, mentre il mezzo di trasporto più comune è il tuk tuk, una sorta di carrozzella a motore che conduce piacevolmente in giro per i templi.

All´improvviso, salendo gli alti gradini, in un angolo appare la sagoma di una danzatrice o di un guardiano accanto ad una finestrella nera, decori fittissimi di fiori e di foglie, scene della vita del Buddha, i bassorilievi incisi sottilmente con le danzatrici sacre o le apsara, che promettevano un paradiso di beatitudine. Figure ieratiche e sorridenti, sinuose ed eleganti che ci parlano di una civiltà raffinatissima e avanzata. In altri bassorilievi dominano invece scene di vita quotidiana di grande realismo, pesca, caccia, lavori nei campi, battaglie con carri, armi ed elefanti, popoli contrapposti, supplizi e animali di ogni genere.

Nel piccolo gioiello di Banteay Srei, isolato a circa 20 chilometri dal sito principale, ci sono i bassorilievi più belli di Angkor, incisi su un´arenaria rossa in forma di ghirlande floreali o chiavi di violino o mostri leggendari o splendide silhouettes femminili. Poiché l´area archeologica é enorme, la visita permette anche di conoscere alcuni villaggi lungo la strada in cui si scopre la vita quotidiana della popolazione rurale: lavorazione della paglia, preparazione della melassa ricavata dall´acqua della palma da zucchero e lavorata a lungo in grandi pentoloni neri e conservata in grandi giare. Le case sono tutte sollevate da terra su alti pali di legno per riparare attrezzi e proteggersi dagli animali. Tra il verde brillante di risaie, palme, banani, alberi di tek, caucciù e anacardi, tra bufali e anatre, le donne tengono lungo la strada file e file di bancarelle con frutta coloratissima, arance, manghi, banane, il decorativo dragon fruit rosa, collane di pesci seccati e affumicati, ma anche ragni e grilli fritti.

Naturalmente anche nei bassorilievi domina la esemplarità delle due cittadelle maggiori, Angkor Wat e Angkor Thom: ad Angkor Wat, costruito dal re Suryavarman II nel 1150 circa, come tempio funerario in onore del dio Vishnu nel quale il re si identificava, il tema dominante è l’epopea hindu del Mahabarata, ad Angkor Thom, costruita dal più grande re di Angkor, Jayavarman VII, buddista, nel 1200, il tema dominante sono le processioni militari e gli scontri navali tra i popoli Khmer e Cham. Le due città tempio, una di fronte all´altra, valgono da sole il viaggio in Cambogia, questa terra martoriata da 30 anni di guerra, di cui sono testimonianza le persone mutilate che si vedono in giro, devastata da quattro anni di dominio degli Khmer rossi di Pol Pot e solo da 15 anni finalmente aperta al turismo mondiale.

Si dice che Angkor Wat vada vista al tramonto perché la porta d´ingresso principale é ad occidente e che ad Angkor Thom sia meglio andare al mattino. In realtà questi consigli vengono smentiti dal desiderio di andare controcorrente rispetto ai flussi turistici più comuni e soprattutto dal desiderio di vedere i templi, se c´è tempo a disposizione, in tutte le luci della giornata. Meglio tornare più volte davanti ai monumenti più importanti per contemplarli sotto una angolazione e una luce sempre nuova. Ad Angkor Wat non si può perdere l´effetto delle grandi torri che si specchiano nei bacini d´acqua coperti di ninfee. Ad Angkor Thom non si può perdere la salita fino alla seconda terrazza del Bayon, il tempio più famoso, dove si è circondati da ogni lato dalle famose facce del Buddha che coprono tutte i lati delle 54 torri angolari e della cella centrale. Il loro sorriso enigmatico che ci segue dovunque, di prospetto o di profilo, il taglio allungato degli occhi e della bocca, le labbra serrate, l´immagine di serenità ultraterrena della compassione e della meditazione, sono forse il simbolo più significativo del mistero di Angkor. 

INDIRIZZI UTILI In Italia non c’è l’ambasciata cambogiana. Il visto necessario per entrare si ottiene nell’aeroporto di arrivo. Anche se il turismo in Cambogia è riaperto da circa 15 anni, non sono molti i TO che propongono viaggi organizzati. Tra gli altri ottimo e specializzato GoAsia che organizza anche pacchetti personalizzati  abbinando Cambogia a Laos o Vietnam  www.goasia.it. Anche Hotelplan propone la Cambogia all’interno del catalogo Civiltà d’Oriente www.hotelplan.it  Tra le compagnie aeree ottima Thai Airways che festeggia quest’anno il 50° anniversario di attività lanciando imperdibili offerte per volare nel Sud Est asiatico www.thaiair.it Per informazioni dettagliate, si suggerisce www.lonelyplanetitalia.it

Franca Dell’Arciprete