FOCUS ON LINE - RIVISTA N° 9, 9 dicembre 2019

In viaggio tra gusto e cultura, In giro per il mondo

Birmania: un paese da visitare
Un paese ospitale, una popolazione gentilissima, ma anche tanti templi, pagode, stupa e monasteri da visitare, perdendosi fra tante statue di Budda, che sono state portate anche nelle grotte …

L’ingresso in Birmania (Nyanmar), per il quale occorre, ottenibile on line, il regolare visto d’ingresso, è dall’aeroporto internazionale di Yangon, già nota come Rangoon, che è stata la capitale del Paese fino al 2006. Dal 6 novembre 2005, infatti, l’attuale capitale del Myanmar è Naypydaw, città che, prima, non esisteva. Nella zona, infatti, c’erano solo la pagoda Uppatasanti ed otto piccoli centri abitati, ad ognuno dei quali è stata data una diversa destinazione di utilizzo: abitativa, militare, sede dei ministeri, internazionale, alberghiera, commerciale, turistica e di svago.

Yangoon - A Yangoon, che risente ancora della colonizzazione inglese, che vi ha lasciato molti palazzi risalenti all’epoca Vittoriana e strade alberate, si possono visitare il mercato Bogyoke, ricavato all'interno di uno storico palazzo coloniale, ed il museo nazionale, si può passaggiare attorno alla pagoda Shwedagon, il tempio più importante del Myanmar, ed ammirare Chaukhtutgyi, la statua di Buddha sdraiato di 70 metri di lunghezza, che, secondo la leggenda, fu costruita 2500 anni fa per ospitare 8 capelli di Buddha. Da visitare anche, se c’è tempo, lo storico hotel Strand, ricavato all’interno di un palazzo vittoriano, che ha ospitato personaggi celebri, come, ad esempio, lo scrittore Rudyard Kipling.

Qui consigliamo il centralissimo Pullman Centrepoint Hotel, che si trova proprio nel cuore della città e da cui si può ammirare la pagoda Sule, che è circondata dal municipio e da edifici in stile inglese, testimonianze del passato coloniale. (www.accorhotels.com/gb/hotel-B0M3-pullman-yangon-centrepoint/index.shtml).

Kyoto Htee Yoe Pagoda - Consigliamo, quindi, di partire alla volta della Roccia d'Oro, il terzo luogo di pellegrinaggio più importante del Myanmar. Lungo il percorso si può fare tappa a Bago, antica capitale del regno Mon, per visitare la Pagoda Shwemawdaw ed il tempio Hinthargone, in origine l'unico luogo della zona che sporgeva dal mare sul quale poteva posarsi il mitico uccello "hamsa". Accanto si trova il tempio dello spirito Nakarai, con un altro Buddha sdraiato, chiamato Shwethalyaung. Si prosegue, quindi, il viaggio fino a Kinpun, dove si lasca il proprio mezzo per salire in cima alla montagna con uno dei camion scoperti usati dai pellegrini (c’è anche una funivia, ma il viaggio in camion, assiepati con i pellegrini locali, è un’esperienza da fare). Dopo circa un'ora si può, finalmente, ammirare la Roccia d’Oro, che, secondo i birmani, è mantenuta in perenne equilibrio sullo sperone roccioso da un capello di Buddha. La Roccia d’Oro è uno stupa costruito sulla sommità di un grande masso, ricoperto dalle foglie d’oro dei pellegrini. Secondo la leggenda, Buddha, durante uno dei suoi viaggi, donò una ciocca di capelli ad un eremita, che la donò, a sua volta, al re perché la reliquia venisse custodita sotto una roccia. La roccia giusta venne trovata in fonda al mare e fu deciso che il posto adatto alla sua collocazione fosse il monte Kyaiktiyo, giusto per limitare gli sbattimenti (a cui i birmani sembrano particolarmente predisposti). Sempre secondo la leggenda, è proprio questa ciocca di capelli a mantenere salda la roccia. Consigliamo di pernottare al Mountain Top Hotel (www.mountaintop-hotel.com).

Nuovamente discesi dalla montagna, sempre con i loro camion, si può ripartire in direzione dello Stato Karen per arrivare nella capitale Hpa-An, fermandosi, però, prima di entrare in città, alla grotta Bayin Nyi, una grotta calcarea al cui ingresso si accede tramite una scalinata che attraversa il monastero addossato alla roccia. La grotta ospita centinaia di statue di Buddha oltre ad innumerevoli stalattiti e stalagmiti, e di fronte si trova un piccolo laghetto di acqua termale.

Si può, poi, visitare un'altra bellissima grotta situata alla base di una roccia a strapiombo, Kaw Goon, che risale al VII secolo, e le cui pareti sono decorate con migliaia di statue in miniatura di Buddha.

Hpa An - La piccola cittadina, circondata da montagne, è un’ottima base per gli escursionisti e gli appassionati di trekking. Qui si può ammirare il tramonto sul fiume Thanlwin dalla pagoda Shwe Yin Myaw.

Lungo il percorso per la tappa successiva, a Kyauk Ka Lat, si può ammirare una roccia dalla forma alquanto singolare posta al centro di un piccolo laghetto e visitare, solo nella stagione secca, la grotta Saddan, la più grande della zona, con statue, stalattiti e molti pipistrelli: la si percorre da un lato all’altro e si sbuca in un piccolo lago dal quale si può tornare all’ingresso della grotta in barca.

Bagan - Qui, in auto, moto, in calesse o a piedi, si esplora il sito archeologico, appena eletto “Patrimonio dell’Umanità”: la leggendaria Valle dei Templi caratterizzata, pare, da più di 13.000 templi, si estende su una superficie di circa 10 chilometri quadrati. La città di Bagan, nata nell’874 d.c., quando il re Pyinbya spostò la capitale a Pagan (antico nome di Bagan), nel 1057 diventò centro religioso e culturale del Buddhismo Theravada e la base da cui il re Anawrahta convertì il Paese alla nuova religione. Poco più di due secoli dopo, però, la città fu conquistata e saccheggiata dai Mongoli.

Fra i templi più noti, realizzati dai re della dinastia Bagan fra l’XI e il XIII secolo. segnaliamo, in particolare, quelli di Gubyaukgyi, Htinlominlo, Dhamayangyi, Ananda e la pagoda Shwezigone, la cui forma a campana ha ispirato la costruzione di tutti gli stupa successivi.

La visita si può concludere con lo spettacolare tramonto sulla pianura ricoperta di pagode.

Lasciata Bagan e la quiete dei suoi templi si può partire alla volta di Mandalay, oggi principale centro di comunicazioni e trasporti della Birmania. La città prende il nome dalla collina di Mandalay, dalla quale si può godere di una vista mozzafiato di tutta la città.

Mandalay - Mandalay fu fondata nel 1857 dall’imperatore Mindon Min come capitale dell’ultimo regno di Birmania. Le sue imponenti mura furono innalzate per difendere il regno dai britannici. In città si può visitare la pagoda Mahamuni, realizzata per accogliere un'antica statua di Buddha seduto fatta arrivare fin qui nel 1784 dallo stato Rakkhine per volontà del re Bodawpaya. Anche questo Buddha è ricoperto, quotidianamente, da sottilissime foglie d'oro, prodotte nelle botteghe artigiane di Mandalay.

Appena fuori dalla cerchia urbana, si visitano Mingun, Amarapura con il suo U Bein Bridge (uno dei luoghi più fotografati del Myanmar), Inwa (Ava) e Sagaing.

Percorrendo il fiume Ayeyarwaddy, infatti, si può raggiungere il piccolo paese di Mingun, con l'enorme tempio Pathotawgyi, che mostra i chiari segni lasciati dal terremoto del 1838, che lo danneggiò irreparabilmente, la Mingun Bell, quella che si dice essere la più grande campana funzionante del mondo, e la bianchissima pagoda Myatheindan, voluta dal principe Bagyidaw in ricordo di un’amata principessa: la sua forma è ispirata al mitologico monte Meru, circondato dai mari.

Ad Amarapura, altra ex capitale del regno birmano durante tre periodi della dinastia Konbaung, si potrà fare una passeggiata, insieme a monaci ed abitanti locali, sul pittoresco ponte U Bein (il più lungo ponte al mondo costruito con legno di teak) per poi salire sulla collina di Sagaing, affollata di monasteri abitati da migliaia di monaci e di monache, ma dove viene offerta anche accoglienza e istruzione a bambini orfani o di famiglie povere.

Scendendo, si può concludere la giornata nei pressi della collina di Mandalay per visitare la pagoda Kuthodaw, chiamata anche “il libro più grande del mondo” perché vi si trova inciso il canone buddista, ed il monastero Shwenandaw, unica parte originale del palazzo reale ad essersi salvata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Dopo un trasferimento aereo da Mandalay ed Heho, prosecuzione in auto si può finalmente attivare al Lago Inle. Lungo il tragitto si possono visitare alcuni villaggi delle etnie Danu o Pa-O, le celebri grotte calcaree vicine alla cittadina di Pindaya, dove i fedeli hanno collocato, nel corso dei secoli, migliaia di statue di Buddha dei più svariati stili.

Inle Lake - Qui tutto lascia a bocca aperta: il paesaggio, i villaggi e i monasteri costruiti su palafitte, in total bamboo, le coltivazioni degli orti galleggianti e i pescatori dell'etnia Intha (che significa “Figli del lago”), che stanno in equilibrio sulla punta delle barche, spingendo il remo con una gamba, per poter pescare. Dal 2015 il lago Inle, il secondo più grande della Birmania, è patrimonio UNESCO: fa parte, infatti, del World Network of Biosphere Reserves per l’abbondanza di specie endemiche che ospita nel suo territorio.

Concedetevi una giornata di navigazione in una piroga a motore per godere di questo luogo incantevole, circondati dalle montagne dello Stato Shan. Le tappe da non perdere sono il "mercato tribale dei 5 giorni", che si sposta ogni giorno fra i villaggi seguendo una rotazione scandita dal calendario lunare, le donne Pa-O (una etnia dai tipici copricapo insediata da tempo in questa regione), che, in uno stretto canale, lavano i i vestiti, il complesso di antiche pagode nella località di Inndein, che sono rimaste nascoste per secoli nella vegetazione del territorio Pa-O, e la pagoda Phaung Daw U, il luogo più sacro dell'area, che conserva le 5 statue di Buddha, trasportate in processione in occasione della luna piena di ottobre. Nel sud del lago si può scendere nel piccolo villaggio di Samkar, antica residenza di un principe ereditario Shan rimasta lontana per secoli da ogni contatto col mondo esterno, in cui, degli antichi fasti, sono rimaste oggi alcune pagode, che, durante la stagione delle piogge, vengono in gran parte ricoperte dall’acqua. Sulla riva opposta si può vedere la pagoda Tharkong, risalente ad almeno 500 anni fa.

Consigli di viaggio: ottimo il T.O La Fabbrica dei Sogni

http://www.lafabbricadeisogni.biz/it/destinazioni/sud-est-asiatico

Testo e foto di Giovanni Scotti.