Messina, Concorso Internazionale ASAS. 2024: secondo posto a “MIO FIGLIO. L’AMORE CHE NON HO FATTO IN TEMPO A DIRGLI” il libro di Marco Termenana

14/05/2024


Venerdì 10 maggio, presso l’Aula Magna dell’Università di Messina il libro "Mio figlio. L'amore che non ho fatto in tempo a dirgli" di Marco Termenana, edizioni CSA (giugno 2021) è stato premiato al secondo posto per la narrativa edita pluripremiata del Premio InternazionaleA.S.A.S. 2024”.

La competizione, organizzata dall’Associazione Siciliana Arte e Scienza” (ASAS), giunta alla 12sima edizione, ha ospitato circa venti sezioni che vanno dalla poesia, edita ed inedita, alla narrativa edita pluripremiata.

Il premio è stato ritirato dalle palermitane Livia Nuccio (Presidente dell’AFIPRES “Marco Saura OdV, l’Associazione ETS che sostiene i congiunti di chi è rimasto vittima di suicidio, e dalla professoressa Luisa Di Piazza, docente universitaria di matematica ed informatica, cultrice di arti letterarie.

Marco Termenana ha dichiarato: Sono di Salerno, vivo a Milano da circa 42 anni, ma appartengo ad una famiglia meridionale. … Ho scritto solo per ritrovare Giuseppe perché il dolore era (ed è) atroce e non si sopravvive senza un adeguato meccanismo compensativo, che ho trovato appunto nella scrittura. Certo, se con la mia testimonianza posso portare valore aggiunto anche per una sola persona, sono contento e così avrò, di fatto, dato anche senso alla stupida ed inutile morte di mio figlio. … Sono poi particolarmente legato a tutte le espressioni culturali dell’intera Sicilia perché, per uno scherzo del destino, sono partito proprio da qui nel 2016, con il secondo posto ex aequo per la narrativa edita al Premio Piersanti Mattarella, riconosciuto a “Giuseppe” di El Grinta.

Entrambi i romanzi di Marco Termenana sono ispirati al suicidio di Giuseppe, il primo dei suoi tre figli, che, in una notte di marzo 2014, ha aperto la finestra della sua camera, all'ottavo piano di un palazzo a Milano, e si è lanciato nel vuoto.

La storia premiata racconta, con lucidità e senza mai cadere nella retorica, il (mal) vivere di chi si è sentito, sin dall'adolescenza, intrappolato nel proprio corpo: la storia di Giuseppe, infatti, è anche la storia di Noemi, alter ego femminile, che assume contorni definiti nella vita dei genitori solo nel momento in cui si toglie la vita.

Tragedia non solo di mancata transessualità, ma anche di mortale isolamento, al secolo hikikomori, termine giapponese, che, letteralmente, significa “stare in disparte”: questa malattia mentale, che colpisce soprattutto i ragazzi giovani, consiste nella scelta di rifuggire dalla vita sociale e familiare.