Tumori: ogni anno circa 800mila italiani colpiti dal cancro cambiano regione per curarsi

23/11/2016


In un incontro, tenuto lunedì 21 novembre a Milano, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) ha denunciato la pesante entità delle migrazioni sanitarie all’interno del Paese, con una situazione particolarmente grave in Calabria dove 4 pazienti su 10 si fanno operare in un’altra regione.

Secondo i dati presentati da Carmine Pinto, Presidente nazionale dell’Aiom, e da Vito Barbieri, coordinatore Aiom Calabria e dirigente medico presso l’Oncologia dell’Azienda Ospedaliera - Universitaria Mater Domini di Catanzaro, ogni anno quasi 800mila italiani affetti da patologie tumorali sono costretti a cambiare regione per cercare una terapia ed una cura efficace.

Il fenomeno della migrazione sanitaria interessa soprattutto i meridionali, che, per lo più, si spostano per le cure nel Milanese: dalla Campania partono 55mila persone, dalla Calabria 52mila, dalla Sicilia 33mila, dall’Abruzzo 12mila e dalla Sardegna 10mila. Il valore economico annuo di queste migrazioni sanitarie è pari a 2 miliardi di euro.

Gli esperti sono preoccupati soprattutto per la situazione in Calabria, dove il 62 per cento dei cittadini con tumore del polmone e il 42 per cento di quelli con cancro del seno si recano fuori regione per eseguire l’intervento chirurgico d’asportazione della malattia. Complessivamente, considerando la chirurgia per le neoplasie più importanti (polmone, seno, colon retto, prostata, vescica e tumori ginecologici), la migrazione sanitaria in Calabria raggiunge il 37 per cento dei malati, con 1.999 ospedalizzazioni nel 2012 fuori dai confini locali. A queste si aggiungono 1.941 ricoveri per chemioterapia extra regione, che rappresenta il 10 per cento circa del totale dei trattamenti medici.

Vogliamo collaborare con le istituzioni per risolvere quanto prima questa situazione, che ha un impatto negativo sulla qualità delle cure - ha spiegato Carmine Pinto - Questi dati sono allarmanti e richiedono interventi urgenti, a partire dalla realizzazione della Rete oncologica della Calabria e dei Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (PDTA). La riorganizzazione dell’offerta attraverso la Rete porterà anche risparmi per il sistema e una razionalizzazione sostanziale delle risorse. Il divario nella qualità dell’assistenza rispetto alle altre regioni riflette la scarsa fiducia dei cittadini calabresi nei servizi locali. Servono rafforzamento degli organici, implementazione dei programmi di screening, investimenti strutturali e tecnologici e facilità di accesso alle prestazioni con abbattimento delle liste di attesa. La Rete dovrà prevedere anche una suddivisione dei ricoveri per intensità di cura, oggi infatti gran parte della mobilità riguarda casi di bassa e media complessità.

In Calabria nel 2016 sono stimati 10.400 nuovi casi di tumore e le migrazioni conducono i pazienti verso le strutture della Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna ma anche verso territori vicini, come Basilicata, Sicilia e Puglia.

Il Commissario ad acta alla Sanità della Regione Calabria, Massimo Scura, ha precisato che il decreto (DCA) n. 10 del 2 aprile 2015 ha previsto l’istituzione della Rete oncologica regionale, evidenziando alcune misure urgenti. Scura ha anche precisato che il recupero della mobilità ‘passiva’ passerà anche attraverso il rafforzamento degli organici, l’implementazione dei programmi di screening e la facilità di accesso alle prestazioni.

L’attuale dotazione di strutture risulta non adeguata rispetto alle esigenze assistenziali della regione. - ha sottolineato Vito Barbieri - Il provvedimento del commissario stabilisce di privilegiare day hospital e soprattutto prestazioni terapeutiche ambulatoriali con riduzione dell’uso del ricovero ordinario. La rimodulazione della quantità e qualità dell’offerta implica soprattutto, come indicato nel provvedimento del commissario, l’incremento del numero di interventi di chirurgia oncologica.

È previsto, infatti, un aumento del 15 per cento dei volumi attuali per i tumori più importanti: seno (oggi nelle strutture della regione viene eseguito il 58 per cento degli interventi chirurgici), colon retto (69 per cento), polmone (38), neoplasie ginecologiche (63) e prostata (66).

Finora ha dominato la sfiducia nei servizi regionali a causa di un’offerta mal proporzionata alle esigenze della popolazione, con organici totalmente inadeguati in alcune realtà. Non va sottovalutata anche la complessità del territorio che obbliga a portare i servizi oncologici in zone spesso disperse e poco popolate. - ha concluso Barbieri - È urgente intervenire quanto prima, e chiediamo la costituzione di un’autorità centrale regionale con funzioni di coordinamento della Rete già deliberata, in grado di governare i collegamenti tra le diverse strutture e di pianificare l’uso delle risorse, realizzando, con tempistiche serrate, tutti gli step che portino alla disponibilità e massima fruizione, da parte della popolazione, della rete oncologica.