La mafia uccide solo d’estate di Piefrancesco Diliberto (Pif), con Cristiana Capotondi e Pif

25 novembre 2013


Non necessariamente gli eventi tragici e le emergenze sociali devono essere trattate al cinema con film drammatici e angosciosi. Ce l‘ha dimostrato Roberto Benigni, che con La vita è bella e Johnny Stecchino ci ha fatto ridere (anche se amaramente) sulla tragedia dell‘Olocausto e sulla criminalità mafiosa.

La mafia è anche il tema di questo film, dove però Pif, l‘ex delle Iene, adotta un approccio particolare: i mafiosi non sono l‘immaginario boss dallo stuzzicadenti in bocca di Benigni, sono i veri Totò Riina, Leoluca Bagarella, Bernardo Provenzano. Così come reali sono, purtroppo, le loro controparti, tutte diventate nomi incisi su una interminabile serie di lapidi che il film ci mostra nel finale: Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tanti altri.

Il trucco del film, che lo rende allo stesso tempo piacevole e malinconico da vedere, sta nel mischiare i veri fatti di cronaca che hanno insanguinato la Sicilia per decenni con la vicenda di fantasia dei due protagonisti.

La mafia uccide solo d‘estate è, infatti, una storia d‘amore che racconta i tentativi di Arturo di conquistare il cuore della sua amata Flora, una compagna di banco di cui si è invaghito alle elementari e che vede come una principessa.

Per una serie di circostanze la loro vita incrocia più volte i protagonisti della lotta Stato-mafia: Arturo adolescente, giornalista in erba, riesce a fare al Generale Dalla Chiesa l‘ultima intervista prima dell‘attentato mortale; Flora da ragazzina abita nello stesso palazzo del giudice Rocco Chinnici, che addirittura si trova a fare da messaggero d‘amore tra lei ed Arturo; dopo anni di separazione Flora ed Arturo si ritrovano quando lei è assistente per la campagna elettorale di Salvo Lima e lui viene assunto come cronista per raccontare la campagna in esclusiva.

Alle scene girate ad hoc per il film si inframmezzano brani tratti dai telegiornali dell‘epoca, relativi agli attentati criminali e ai successivi funerali. Geniale la sequenza del funerale Dalla Chiesa nel Duomo di Palermo, dove nel corpo del filmato originale, con tanto di personaggi veri come Pertini, Craxi o Spadolini, si inseriscono in modo assolutamente indistinguibile scene con il giovane Arturo, come se anch‘egli fosse stato ripreso dalla RAI nel 1982. E se i ricchi americani erano riusciti, in Forrest Gump, a far stringere la mano del protagonista con il presidente Nixon grazie alla computer graphic, Pif ha confessato di avere usato, molto più artigianalmente, una vecchia cinepresa Betamax azionata con un leggero tremolio per imitare le condizioni di ripresa del filmato originale.

Così, tra gli episodi teneri e divertenti della storia d‘amore di Arturo e Flora, e i drammatici spezzoni di cronaca criminale, il film si snoda sempre interessante fino al prevedibile happy end, con i due felicemente sposati e genitori di un maschietto. Nella scena finale Arturo porta il figlio a vedere le vere lapidi che, come detto all‘inizio, punteggiano purtroppo le strade di Palermo, perchè come dice lui stesso "un padre ha due doveri: insegnare ai propri figli a difendersi dal male, e ancor prima insegnare loro a riconoscerlo". Compito che questo film potrebbe contribuire a svolgere, speriamo, anche verso i ragazzi di oggi, che spesso non hanno neanche mai sentito parlare di Falcone e Borsellino.

Menzione d‘onore a Piefrancesco Diliberto, Pif, che nel film e ancor più nella conferenza stampa di presentazione ha mostrato un sincero ribrezzo verso la mafia, e avrà sicuramente sofferto un serio travaglio interiore a lavorare tanti anni come Iena per l‘azienda dell‘uomo che continua a definire eroe lo stalliere di Arcore Vittorio Mangano.

Ugo Dell’Arciprete