Una delle indicazioni del dispositivo, entrato nei LEA lo scorso anno, è nella diagnosi dei casi più gravi di malattia di Crohn

Medtronic: la capsula endoscopica che fa luce sulle aree buie dell’intestino

  Salute  

Giovedì 15 febbraio, presso la sede milanese di Medtronic, azienda leader nella fornitura di tecnologie mediche, servizi e soluzioni in grado di alleviare il dolore, ridonare salute e prolungare la vita di milioni di persone in tutto il mondo, si è discusso della affidabilità e della sicurezza della capsula endoscopica nella diagnostica delle malattie gastrointestinali.

Ne hanno parlato Renato Cannizzaro, Direttore della Gastroenterologia Oncologica Sperimentale presso il Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, Cristiano Spada, Direttore dell’Unità di Endoscopia Digestiva, Fondazione Poliambulanza di Brescia, Marco Pennazio, Divisione di Gastroenterologia Universitaria, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Città della Salute e della Scienza di Torino, e Maurizio Vecchi, Professore di Gastroenterologia e Direttore dell’UO di Gastroenterologia ed Endoscopia della Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano.

La capsula endoscopica, lanciata in Italia nel 2001 in un solo modello ed oggi disponibile in ben quattro diversi modelli, ciascuno ottimizzato per un preciso segmento o patologia gastrointestinale (intestino tenue, intestino crasso, tratto gastrointestinale superiore, malattia di Crohn) è la soluzione diagnostica più moderna, sicura e tecnologicamente avanzata per visualizzare l’apparato digerente e, in particolare, il piccolo intestino (composto da duodeno, digiuno e ileo).

La videocapsula permette di vedere un tratto dell’apparato digerente prima sconosciuto. Ci ha permesso di entrare nel piccolo intestino, lungo circa 6 metri, un tempo indagabile solo tramite la radiologia o l’intervento chirurgico - ha spiega Renato Cannizzaro - Quando nel 2000 negli Stati Uniti, durante un Congresso medico, furono presentati i primi dieci volontari sottoposti a diagnosi con capsula endoscopica, ci alzammo tutti e 5mila in sala ad applaudire una scoperta che fino ad allora sembrava fantascienza.

La capsula endoscopica è monouso, ingeribile, dotata di una o due telecamere che acquisiscono immagini dell’intestino mentre lo percorrono sfruttando la sua naturale peristalsi. La capsula endoscopica è utile in tutti i casi di sanguinamento dell’apparato digerente oscuro non a carico dell’esofago, dello stomaco e del colon e in tutti i casi non rilevabili con la colon e la gastroscopia. E’ utile, altresì, quando c’è una celiachia che non risponde al trattamento, nei casi di malattia di Crohn difficili da diagnosticare, in caso di malattie genetiche che possono portare al tumore dell’intestino, come la Sindrome di Peutz-Jeghers, o se si sospetta la presenza di polipi.

A sedici anni dal suo ingresso in Italia e nonostante la sua evoluzione tecnologica, però, la capsula endoscopica risulta ancora sottoutilizzata: in Francia, ad esempio, i casi sono 25.000, mentre in Italia sono solo circa 7.500 l’anno. La normativa sulla rimborsabilità della videocapsula, poi, non è uniforme: in alcune regioni, infatti, è tariffata come procedura ambulatoriale, in altre, invece, richiede un ricovero ospedaliero. Nel 2017 la metodica è stata anche inserita nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), permettendo, così, in linea teorica, una tariffazione omogenea su tutto il territorio nazionale: ma, ad oggi, solo il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna, la Basilicata, le Marche, il Piemonte, il Trentino Alto-Adige, la Val d’Aosta e l’Umbria rimborsano, in misura diversa, l’esame con videocapsula.

I LEA vengono recepiti in termini molto variabili - ha affermato Cristiano Spada - Ci sono resistenze importanti: si teme che, laddove venga rimborsata, se ne faccia un uso sconsiderato. Un timore infondato, considerando che nelle Regioni dove è già disponibile non si è registrato questo problema. Anzi, si è visto che tendenzialmente ci si attiene alle indicazioni, le più importanti delle quali sono il sanguinamento oscuro e la malattia di Crohn. Ci sono poi strutture che, non avendo il rimborso, decidono di utilizzare la capsula endoscopica in regime di ricovero in modo da ammortizzare le spese con i DRG. Così, un esame che potrebbe costare 1.000 euro finisce per costarne oltre 2.500. Uno studio recente ha rivelato che, in alcune Regioni, da quando la metodica è stata rimborsata c’è stato un risparmio annuale di circa 1milione e 700mila euro, erogando l’esame in regime ambulatoriale piuttosto che in regime di ricovero.

Nei prossimi mesi saranno pubblicate le Linee Guida Tecniche della Società Europea di Endoscopia Digestiva, la cui stesura è stata coordinata da Marco Pennazio, su come eseguire nel modo più efficace l’enteroscopia con videocapsula.

Nel frattempo, un gruppo di esperti, coordinato da Renato Cannizzaro, ha promosso un’indagine conoscitiva cui hanno aderito 120 Centri sul territorio nazionale, che hanno risposto ad un questionario di 40 domande a risposta multipla. I Centri che hanno aderito allo studio sono per l’80 per cento strutture pubbliche e/o IRCCS ed eseguono in media circa 40 esami con capsula endoscopica l’anno. Solo 13 Centri, invece, fanno più di 100 esami con capsula endoscopica l’anno. Oltre il 70 per cento delle strutture ha più di cinque anni di esperienza nell’uso della metodica e il 50 per cento degli esami sono svolti in regime di ricovero o di day-hospital.

Dopo sedici anni di utilizzo nella pratica clinica di questa innovativa tecnologia ci sono dimostrazioni di costo-efficacia importanti. - ha informato Marco Pennazio - Si è visto, infatti, che la metodica garantisce un risparmio di risorse nelle cure successive del paziente perché la diagnosi è più precisa ed accurata. Siamo, quindi, alla ricerca di un consenso da parte dei responsabili politico-amministrativi.

Una delle indicazioni della capsula endoscopica è nella diagnosi dei casi più gravi di malattia di Crohn, che, in Italia, colpisce circa 100-120 mila persone con una localizzazione in almeno 1 paziente su 2 nell’intestino tenue. Per questa specifica patologia Medtronic, presente con la sua tecnologia in 75 terapie, ha lanciato una specifica capsula: sul suo utilizzo, nei prossimi mesi, sarà presentato un position paper firmato da quattro Società Scientifiche.

Si tratta di una metodica di grande importanza per il Crohn, soprattutto quando ci sono sintomi suggestivi per la presenza della malattia, ma la colonscopia e la gastroscopia risultano negative - ha affermato Maurizio Vecchi - In questi casi, per lo studio del tenue, si potrebbero eseguire l’entero-tac e l’entero-risonanza, ma la prima dà radiazioni importanti, l’altra può creare problemi di claustrofobia. Inoltre, la capsula è molto più capace di individuare lesioni iniziali come erosioni ed ulcere, mentre gli esami TC e RM identificano solo le lesioni che interessano tutto lo spessore della parete intestinale. L’unica precauzione da attuare nell’eseguire la videocapsula in pazienti con il Crohn è quella di evitarla nei pazienti con sospetti restringimenti dell’intestino, che potrebbero causarne la ritenzione. Ormai, però, si è visto che facendo precedere all’esame una capsula patency, ovvero una “finta” capsula che si scioglie se rimane nell’intestino troppo a lungo, il problema è risolto: se passa indenne attraverso l’intestino, allora l’esame può essere eseguito in sicurezza.

Info:www.medtronic.it

Giovanni Scotti

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