Un’opera in musica, una polifonia di linguaggi per non dimenticare, a quarant’anni, la strage di Piazza Della Loggia a Brescia

Milano, Piccolo Teatro Strehler: Il sogno di una cosa

  Cultura e Spettacoli  

Lo spettacolo “Il sogno di una cosa, parte del progetto “Osservatorio sul presente: legalità” va in scena al Piccolo Teatro Strehler dal 6 al 9 novembre, è stato realizzato in occasione dei 40 anni dalla strage di piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974) ed è un lavoro dalla doppia importanza: civile, per la commemorazione dell’anniversario, ed artistico, per la scelta di investire nella produzione di una nuova opera contemporanea.

L’autore è un giovane artista italiano, Mauro Montalbetti, compositore di origini bresciane che si è affermato nel panorama della musica contemporanea con alcuni importanti lavori come “Lies and sorrow”, con cui nel 2006 ha vinto lo “Johann Joseph Fux Opera composition Prize”, e “Another’s hell” (2013), partitura sinfonica ispirata ai sonetti di Shakespeare, eseguita in prima assoluta dall’Orchestra Filarmonica della Scala diretta da Daniel Harding.

La parte musicale dello spettacolo viene eseguita dall’ensemble Sentieri selvaggi diretto da Carlo Boccadoro.

L’opera è frutto di un lavoro condiviso con due artisti di straordinario talento: Marco Baliani, che cura libretto e regia, oltre a essere uno degli interpreti, e Alina Marazzi, una delle firme più importanti del panorama cinematografico italiano, a cui è stata affidata la regia video, che andrà ad animare di immagini, ricordi ed emozioni le scene essenziali di Carlo Sala, intersecandosi con le luci di Stefano Mazzanti. Insieme a Marco Baliani, saranno sul palco il soprano Alda Caiello, il musicista-performer Roberto Dani e gli allievi del terzo corso di Teatrodanza della Milano Teatro Scuola Paolo Grassi.

Per la parte video è stata di fondamentale rilievo la collaborazione produttiva con l’Istituto Europeo di Design IED: un gruppo di studenti del corso di Video Design hanno lavorato a stretto contatto con Alina Marazzi per la realizzazione della parte filmica dell’opera, raccogliendo immagini del passato - ritrovate in alcuni importanti archivi italiani come l’AAMOD, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico di Roma, l’Associazione Home Movies di Bologna e la Fondazione Luigi Micheletti di Brescia - ma anche documentando il presente nei volti e nei luoghi della Brescia di oggi.

L’opera vuole compiere un tragitto che non sia confinabile nella commemorazione localistica, ma farsi riflessione universale sulla violenza, sul potere, sull’infamia. È rimasta, di quella giornata, la registrazione del comizio che viene interrotto dallo scoppio della bomba. Quella rottura di vite e di senso non deve essere un fermo immagine del passato ma trasformarsi in un atto di resurrezione, nel luogo simbolo della polis, il Teatro. Il Sogno di una cosa assume così la tenacia della memoria e lo sguardo dolce e fiero del futuro.

In quest’opera la parola, il suono, i corpi e le immagini creano una polifonia di linguaggi che caratterizza la nostra “ricomposizione dell’infranto”, la nostra richiesta di non dimenticare, di ricominciare. - spiega Mauro Montalbetti - Formalmente l’opera procede attraverso differenti quadri scenici in cui si focalizzano tematiche e domande, senza costruire un racconto lineare. La musica segue questa architettura drammaturgica cristallizzando l’emozione per scarti improvvisi, per contrasti, attraverso la rilettura di registri linguistici diversi tipici degli anni Settanta: dalla musica d’avanguardia al rock progressive, dal free jazz, alla canzone popolare. Questi linguaggi entrano talvolta in collisione con squarci corali, in cui evidente è il riferimento al grande madrigalista bresciano del cinquecento Luca Marenzio.

Le immagini di guerre, stragi e atrocità che quotidianamente vengono trasmesse dai media, il modo in cui sono montate, la loro frammentarietà e giustapposizione, impediscono qualsiasi elaborazione collettiva delle tragedie che vengono mostrate, sono fatte per renderci impotenti di fronte agli orrori, ai delitti che ogni giorno ci vengono fatti vedere senza che noi si possa mai davvero compatire le vittime. - aggiunge Marco Baliani - La compassione è un’azione forte, un farsi carico dell’altro, come persona e come persona portatrice di storia. Queste forme di comunicazione frammentaria sono ascrivibili allo stesso procedimento di “smembramento” della realtà che compie l’attentato terroristico. In entrambi i casi, la realtà viene frantumata, si impedisce di ricostruirne un senso, un percorso, una spiegazione. Si vieta di ricomporre l’infranto. Si vieta di poter elaborare collettivamente il lutto e così di comprendere quale percorso abbia portato a tanto scempio. - prosegue Baliani - L’opera Il sogno di una cosa è pensata come un’occasione per ricomporre in un’azione scenica la nostra tragedia, ponendo inquietanti domande allo spettatore, sul senso di quella strage e sul senso di questa nostra attuale società che di quella strage è figlia. Di quella e delle altre troppe stragi insolute che hanno costellato la vita di questo nostro paese. Come accadeva nella tragedia greca, dobbiamo riuscire a celebrare un reale cordoglio, un compianto corale pubblico che possa elaborare il lutto senza esaurirsi nel lamento ma consolidandosi nella presa di coscienza del conflitto, trasformando quel conflitto in un nutrimento per le nostre presenze in questo tempo.

I filmati realizzati per l’opera Il Sogno di una cosa sono parte integrante della drammaturgia; abbiamo inteso la parte video come uno degli elementi narrativi che si sarebbero intersecati con la parola, l’azione scenica e la musica. - conclude Alina Marazzi - Ai video, ai quali è stata assegnata una funzione drammatica, oltre che scenografica, alternano immagini di tipo simbolico a immagini di repertorio; tengo a precisare che si è tenuto a non voler utilizzare fotografie della strage, immagini verso cui proviamo un sentimento di pudore e che, a nostro avviso, avrebbero riproposto il crudo immaginario purtroppo noto a molti. Qui il tentativo è quello di portare immagini che possano anche essere esemplari di un percorso che non si deve fermare alla distruzione portata dalla bomba in Piazza, ma che deve proseguire con intento riparatore fino al nostro presente. Abbiamo quindi lavorato a partire sì da elementi realistici e dettagli della storia, andando però a comporre immagini sospese tra realismo ed evocazione. I video realizzati appositamente saranno proiettati su diversi schermi/superfici integrati alle scene, in una scenografia visiva multipla.

Info e prenotazioni giovedì e sabato ore 19.30; venerdì ore 20.30; domenica ore 16 - un'ora e 35 minuti senza intervallo - tel 848800304 - www.piccoloteatro.org.

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