Dalle collezioni Banca Monte dei Paschi di Siena e Fondazione Banca Agricola Mantovana un’esposizione di opere che mette in luce due esperienze di “collezionismo” bancario italiano

A Palazzo Te di Mantova una selezione di capolavori del XX secolo

  Cultura e Spettacoli  

A Mantova, a Palazzo Te, è in corso fino al 24 febbraio 2013 la mostra dal titolo Dipinti, sculture e disegni del Novecento. Esperienze di collezionismo nelle raccolte della Banca Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Banca Agricola Mantovana, nella quale sono presentati artisti tra i più autorevoli del XX secolo, da Carlo Carrà a Ottone Rosai, da Giorgio Morandi a Filippo De Pisis, da Gino Severini a Giorgio De Chirico.

Alla presentazione sono intervenuti Nicola Sodano (sindaco di Mantova), Angelo Lorenzo Crespi (presidente del Centro Internazionale d’Arte e Cultura Palazzo Te), Elfo Bartalucci (responsabile dell’area territoriale Lombardia Sud-Emilia Romagna di BMps), Graziano Mangoni (direttore generale della Fondazione Bam) e Barbara Cinelli (curatrice della mostra).

La mostra, a cura di Barbara Cinelli e Donatella Capresi, con la collaborazione di Daniela Sogliani per la sezione mantovana, promossa da Comune di Mantova, Museo Civico di Palazzo Te, Banca Monte dei Paschi di Siena e Fondazione Banca Agricola Mantovana, con il patrocinio della Regione Lombardia, è organizzata dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te e dalla stessa Banca Monte dei Paschi di Siena.

La mostra intende, anzitutto, documentare le strategie degli istituti bancari nella promozione dell’arte contemporanea attraverso il caso esemplare della collezione appartenente a Banca Monte dei Paschi di Siena, nella quale sono confluite le opere della Banca Toscana. L’ingresso in Banca Toscana di un nutrito gruppo di artisti del Novecento coincide con la ripresa, in sede storiografica, dell’interesse per l’arte italiana negli anni fra le due guerre, un periodo sul quale era pesata a lungo l’ipoteca di una contaminazione col regime fascista.

Gli acquisti datano, infatti, a partire dal 1979, proprio quando le indagini degli studiosi consentivano di recuperare opere ed artisti di alto livello qualitativo e dimensione culturale europea, ed a quel rinnovamento degli studi corrispose un mutamento della strategia collezionistica della Banca Toscana. Fino a quella data, le opere di Vagnetti, Moses Levy, Viani, Conti, Peyron, Rosai e Soffici avevano testimoniato il legame tra la Banca e la tradizione fiorentina di un sommesso naturalismo; gli acquisti recenti mostravano invece la disponibilità a nuove sollecitazioni e si aprivano ad un mercato che contribuiva alla riscoperta di opere determinanti per l’avanzare delle ricerche. In questo rinnovato contesto anche l’ingresso di artisti toscani già rappresentati come Rosai, Soffici e Viani, dei quali si acquisivano rispettivamente I giocatori di toppa, I pini e Le Apuane, potevano dialogare con Carlo Carrà, un protagonista di area milanese, di cui entravano in collezione due rari disegni degli anni Venti ed un Paesaggio del 1928, a documentare una attenzione analoga a quella dei fiorentini per la rappresentazione di figure e paesi in un linguaggio aderente alla realtà.

Grazie ad un collezionismo particolarmente “illuminato”, la Banca Toscana acquisì tra il 1980 e il 1985 anche opere rappresentative della Scuola Romana, che in perfetta contiguità cronologica veniva intanto illustrata dagli studi e dalle esposizioni di Maurizio Fagiolo; e capolavori di Severini e Tozzi, che documentavano i rapporti intercorsi negli anni Trenta tra artisti italiani e milieu parigino; mentre contribuiva al recupero de La scuola di Felice Carena, testimonianza esemplare della cultura visiva italiana tra le due guerre. Entrarono allora in collezione anche artisti d’eccezione, quali Morandi e De Pisis, oggi indiscussi protagonisti dell’arte del Novecento.

Dopo il 1985 questa esperienza, maturata nell’ampliamento del patrimonio della Banca Toscana, veniva trasferita nella gestione delle collezioni di Banca Monte dei Paschi di Siena: nel momento in cui si decideva di arredare le sedi di rappresentanza, la scelta fu di proseguire quella linea di acquisizioni che documentava la produzione italiana fra le due guerre, e che consentì a Banca Monte dei Paschi di Siena di affiancare al tradizionale collezionismo di arte antica una nuova attenzione per l’arte contemporanea. A questa seconda fase si deve l’acquisto dei due bronzi di Andreotti, La Ciliegiara e La Limonara, che arricchiscono la documentazione sull’arte in Toscana con una voce non convenzionale per i richiami a culture internazionali; integrazioni sulla Scuola Romana con un raro Autoritratto di Carlo Socrate, artista caro a Roberto Longhi, ed una insolita Natura morta di Fausto Pirandello; un grande Paesaggio di Tosi, ed una Natura morta di Salietti che documentano la produzione più tipicamente legata al gusto “Novecento”, mentre una Natura morta di Carlo Levi testimonia la presenza di un singolare “eretico” nel panorama tra le due guerre: artista-scrittore, antifascista legato ai fratelli Rosselli, in contatto coi circoli di Parigi e incline, nella propria pittura, ad umori surrealisti.

La consistenza della collezione ha così permesso di costruire un percorso espositivo che ripercorre una possibile geografia tematica dagli anni Venti agli anni Quaranta, e la coerenza visiva che ne risulta costituisce la conferma di una collezione consapevolmente orientata, pur nei limiti imposti ad una promozione particolare come quella rappresentata da un istituto bancario. La presenza di un nucleo cospicuo di opere su carta, molte delle quali in stretta connessione con le pitture, avvalora questa ipotesi, e testimonia un ulteriore collegamento con le tendenze degli studi specialistici: risalgono infatti proprio agli anni Ottanta gli interessi per il disegno del Novecento, cui si restituisce una dignità pari a quella di cui questa tecnica godeva per l’arte di epoca moderna. Spiccano in questa sezione una serie di tempere di Severini ed un gruppo di studi ad acquerello per costumi teatrali di Giorgio De Chirico.

Il percorso della mostra termina con un gruppo di opere mantovane che si apre con Mantova di notte di Vindizio Nodari Pesenti, già appartenuto alla Banca Agricola Mantovana, un dipinto poco noto ma esemplare per l’attenzione all’iconografia contemporanea e la tecnica aggiornata sui linguaggi postimpressionisti. La sezione, ad eccezione di questo olio su tela, è dedicata alle opere di proprietà della Fondazione Banca Agricola Mantovana, da sempre attenta all’acquisto e alla valorizzazione di “artisti” mantovani del Novecento o comunque attivi nel territorio. Tra le opere più significative della raccolta: Ritratto della moglie che allatta la figlia di Ugo Celada da Virgilio e La merenda ai contadini di Archimede Bresciani da Gazoldo, opere allineate alle iconografie del Novecento italiano, Il minatore di Umberto Mario Baldassari, che deve il nome d’arte “BUM” all’inventiva di Marinetti, e due sculture, La ginnasta, ancora di Vindizio Nodari Pesenti, e L’Attesa di Giuseppe Gorni, che documenta nell’artista di Quistello la ripresa della scultura al ritorno dalla seconda guerra mondiale.

La mostra é accompagnata dal catalogo, edito da Skira, nel quale, dopo un saggio sulle questioni di “collezionismo”, compaiono le opere nella stessa sequenza del percorso espositivo, raggruppate tematicamente ed introdotte da testi che guideranno la lettura per il pubblico. Il catalogo sarà inoltre corredato dalle biografie degli artisti e da una bibliografia specifica. 

Info e prenotazioni: www.centropalazzote.it – tel +39 0376 323266 / 199 199 111 - www.mantovanovecento.it.

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