Una dieta ricca di Vitamina K aiuta gli anziani a mantenere ossa integre, forti e sane

Osservatorio Federsalus

  Salute  

Uno studio condotto in Spagna suggerisce l’esistenza di una relazione diretta tra una dieta ricca di Vitamina K e la conservazione di un'ossatura forte e integra nella terza età.

L’Osservatorio FederSalus rende noto i risultati di una ricerca clinica svolta in Spagna, pubblicati di recente sull’edizione on line del Journal of Bone and Joint Surgery, secondo cui i benefici per le ossa di una dieta ricca di Vitamina K si estenderebbero sugli anziani di entrambe i sessi.

I dati raccolti dai ricercatori del Dipartimento di Nutrizione Umana presso l’Universitat Rovira i Virgili di Reus (Catalogna) su un campione di 200 anziani mostrano, negli uomini come nelle donne, una corrispondenza tra apporti dietetici elevati di Vitamina K e incrementi registrati nella misurazione della densità ossea (BMD), ulteriormente confortati dai risultati dei test quantitativi effettuati con l'ultrasonografia ossea (QUS).

Come scrivono gli autori dello studio pubblicato, la particolarità della ricerca spagnola risiede nel fatto che, per la prima volta, è stata osservata una relazione diretta tra un'elevata presenza di Vitamina K nella dieta e le variazioni in positivo nella composizione e nella struttura interna dell'osso, misurate mediante ultrasonografia al calcagno. Ciò suggerisce che l'apporto di Vitamina K svolga realmente un ruolo chiave nello stato di salute e nelle caratteristiche “qualitative” delle ossa.

Lo studio dell’ateneo catalano va ad aggiungersi alla letteratura scientifica in costante espansione sui benefici per la salute legati a un adeguato apporto di Vitamina K. Di questa vitamina liposolubile, infatti, è nota principalmente l'azione emostatica da cui ha preso il nome (Koagulation vitamine), ma anche il suo ruolo di promotrice della funzionalità epatica e di ausilio nella formazione e riparazione del tessuto osseo. La Vitamina K è disponibile principalmente sotto due forme: come fillochinone (Vitamina K1) nelle verdure a foglia verde quali spinaci, broccoli e lattuga, che rappresentano la fonte di circa il 90% della Vitamina K assunta in una dieta occidentale tipo; come metachinoni (Vitamina K2) prodotti per sintesi dalla microflora batterica dell'intestino, ma presenti anche nelle carni animali (fegato di manzo e maiale, pancetta) e in alimenti fermentati quali formaggi, latticini e il lattô giapponese.

Lo studio dell’Universitat Rovira i Virgili non distingue tra le varie forme biodisponibili di Vitamina K, concentrandosi unicamente sull’apporto complessivo di questa vitamina proveniente dagli alimenti presenti nella dieta.

L’analisi incrociata è stata effettuata su 200 anziani con un'età media di 67 anni che avevano compilato un questionario dettagliato sulla frequenza di consumo degli alimenti e che sono stati oggetto di monitoraggio per un biennio.

I ricercatori si sono servirti del database USDA per stimare l’assunzione di Vitamina K, mentre l’apporto giornaliero medio è stato calcolato in 334 microgrammi per gli uomini e in 300 microgrammi per le donne. L’équipe spagnola ha utilizzato varie tecniche diagnostiche, tra cui la densità ossea (BMD), per misurare lo stato di salute delle ossa nel campione esaminato, ricorrendo all’ultrasonografia al calcagno su 125 soggetti.

I ricercatori hanno constatato che a ogni aumento di 100 microgrammi nei livelli di assunzione di Vitamina K corrispondeva un incremento di 0,008 g/m2 nella densità ossea. Inoltre, all’aumento della Vitamina K nella dieta era significativamente correlata una riduzione della perdita di densità ossea e un rallentamento nei fenomeni di microporosità ed elasticità dell’osso legati all’invecchiamento, completando così un quadro generale coerente con l’azione protettiva attribuita alla Vitamina K nei confronti del rischio di fratture osteoporotiche. 

La spiegazione biologica dei benefici potenziali della vitamina K per la salute delle ossa risiede nella sintesi dell'osteocalcina, una proteina essenziale perché il calcio si fissi nel tessuto osseo. L'attivazione della osteocalcina, infatti, dipende dalla presenza della vitamina K, senza la quale la proteina resta inefficace.

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