La conoscenza del Rosso Piceno Superiore non è pari alla sua prelibatezza. Un vino "a tutto pasto", che si sposa bene con carni dai sughi robusti, con carni alla brace, con bolliti e con cacciagione

La terra del Rosso Piceno Superiore

  In viaggio tra gusto e cultura  

Il poeta latino Polibio racconta che Annibale, dirigendosi verso Roma, fece tappa nella terra dei Piceni e, vedendo i cavalli del suo esercito in difficoltà, li fece curare con frizioni di un vino rosso molto invecchiato. Sono infatti le popolazioni picene, che hanno dato il nome al territorio dove si erano insediate, a lasciare le prime testimonianze di quello che millenni dopo sarebbe diventato il Rosso Piceno DOC (riconosciuto come tale nel 1968).

Andrea Bacci (Sant´Elpidio a Mare, 1524Roma, 25 ottobre 1600), filosofo, medico e scrittore, autodefinitosi Andrea Baccius Philosophus, Medicus Elpidianus et Civis Romanus, nella sua monumentale opera “De naturali vinorum historia”, un compendio in sette libri su tutti i vini conosciuti, stampata nel 1595, declama: “nell’agro ascolano, in prossimità e oltre il Tronto,si producono vini assai potenti, specialmente nella zona dove alle viti giunge, attraverso le aperte foci di quel grandissimo fiume, l’aria del mare la quale ha la capacità di regolare e perfezionare la sostanza del vino”.

La zona di cui andiamo a parlare è circoscritta a pochi comuni tdtti entro la provincia di Ascoli Piceno e compresa tra i fiumi Tronto a sud e Tenna a nord, tra il mare Adriatico a est e le colline ascolane a ovest. E’ questa la zona del Rosso Piceno Superiore DOC, zona ricca di vigneti e di vini in certi casi sconosciuti, come il vino cotto, una specie di marsala, ottenuto con tecniche millenarie: si fa cuocere il mosto in caldaie di rame finché il volume si riduce ad un terzo portando la gradazione alcolica a 15°÷16° (per la sua genuinità, il vino cotto è ammesso dalle leggi liturgiche ad essere utilizzato nella S.Messa).

La conoscenza del Rosso Piceno Superiore non è pari alla sua prelibatezza. Questo vino convive idealmente con il piatto principale della zona: Il fritto misto all´ascolana, un´autentica specialità in cui troneggiano le olive farcite. E´ considerato da molti un vino "a tutto pasto", che si sposa bene con carni dai sughi robusti, con carni alla brace, con bolliti e con cacciagione.

In questo vino è larga sia la presenza del Sangiovese, che del Montepulciano, accompagnati a volte da Passerina e Trebbiano, uve rigorosamente prodotte in loco (Montepulciano dal 35% al 70%, Sangiovese dal 30% al 50%; è consentito il concorso di non più del 15% delle uve Trebbiano e Passerina).

Vino particolare nel colore, che già invita l´occhio ad una gratificante contemplazione: rosso rubino intenso e inconfondibile, con riflessi tendenti al violaceo appena maturo; la maturazione conferisce al vino dei riflessi aranciati.

Vino particolare nel sapore: armonico, asciutto, sapido; nella robusta gradazione: 12 gradi minima, ma sovente ampiamente superata.

Per l’invecchiamento, l´età ottimale va dai 2 ai 5 anni. Da considerare che il disciplinare di produzione consente l´immissione al consumo del vino dal 1° novembre dell´anno successivo alla vendemmia. 

Tra queste colline assolate, ondulate, dolci, troviamo località amene che meritano senz’altro di essere citate.

Partiamo senz’altro da San Benedetto del Tronto, la principale località turistica delle Marche per numero di presenze, che vanta una incantevole spiaggia di sabbia finissima ed è stata insignita ininterrottamente dal 1999 della Bandiera Blu. Il magnifico lungomare, lungo complessivamente 6 km e largo 30 metri, è caratterizzato dall’abbondante presenza di palme (oggi, tra giardini pubblici e privati e lungo i viali cittadini, si conta un totale di 8.000 palme di varie specie); non per nulla l’azienda di promozione turistica ha battezzato questo tratto di costa con il nome di “Riviera delle Palme”, utilizzando il felice motto “l’esotico più vicino”.

Posto nell´immediato entroterra di San Benedetto del Tronto, a soli 5 km dal mare Adriatico, sulla cresta di una breve dorsale che domina l’inizio della ampia valle del fiume Tronto, si trova l’abitato medioevale di Monteprandone, legato indissolubilmente alla figura di San Giacomo della Marca. Strana figura di frate, vissuto all’inizio del XV° secolo, figlio del suo tempo, lo vediamo studiare ad Ascoli e a Perugia, notaio a Firenze e giudice nel castello di Bibbiena. Si avvicina quindi all’ordine francescano, studia teologia a Firenze. Come predicatore prima, legato pontificio dopo,  viaggia per tutta Europa: lo troviamo in Dalmazia, Bosnia, Croazia, Praga, Ungheria, dove predica a favore di una crociata contro i turchi. Dal 2001, il corpo incorrotto di San Giacomo, da sempre conservato a Napoli dove è morto, è stato trasferito a Monteprandone, suo paese natale, nel santuario da lui stesso costruito nel 1449 e dedicato alla Madonna delle Grazie.

Altro paese tipico di produzione del Rosso Piceno Superiore è Acquaviva Picena: sorge su una collina che domina il paesaggio della valle del Tronto da un lato e della valle del Tesino dall’altro, a pochi chilometri di distanza dal Mar Adriatico e da San Benedetto del Tronto. Si tratta di un belvedere naturale con una vista a 360° che spazia dal mare alla catena dei Sibillini (imperdibile e indimenticabile la fioritura primaverile nella piana di Castelluccio nel parco dei monti Sibillini), sino ai massicci abruzzesi del Gran Sasso e della Maiella. Grazioso paese medioevale, dalle strette vie costeggiate da costruzioni in cotto, come la maggior parte dei paesi dell’entroterra della provincia di Ascoli Piceno, che si inerpicano lungo i fianchi della collina sino a raggiungere la Fortezza degli Acquaviva, fra le maggiori e meglio conservate rocche delle Marche. Per finire, si segnala che Acquaviva Picena è stata insignita della Bandiera Arancione del Touring Club Italiano.

Sul versante opposto della valle del Tesino, di fronte ad  Acquaviva Picena, altro importante paese della zona di produzione del Rosso Piceno Superiore è Ripatransone.  Roccaforte ben difesa, grazie alla sua posizione, nel 1500 era chiamata “Propugnaculum Piceni”, vale a dire baluardo del Piceno; vanta una cinta muraria tra le più ricche ed articolate delle Marche, rinforzata tra il XII e il XVI secolo, il cui perimetro è stimato in circa 2.500 m. Tra i paesi di cui ci occupiamo oggi, Ripatransone è quello che più di altri ha fatto e fa sentire la sua voce.  Già Comune nel 1205, nel 1255 entra a far parte dello Stato Pontificio. Sviluppatosi notevolmente, Pio V nel 1571 lo eresse a sede vescovile e gli diede l’appellativo di città. Fu uno dei primi Comuni ad aderire al nuovo Stato Italiano nel 1860.

Nel centro storico di Ripatransone è evidente il connubio di stili intrecciati tra loro, medioevale, barocco, rinascimentale, che celebrano la storia secolare della città. Degni di nota sono i due palazzi civili che si fronteggiano, entrambi del XIII° secolo: il palazzo comunale, che ospita archivi, musei e biblioteca; quello del Podestà sede del teatro comunale intitolato al letterato e patriota Luigi Mercantili. In una città con questa storia, ovviamente, vi sono tante chiese, per lo più del 1500÷1600.

Una curiosità che attrae i turisti è il vicolo più stretto d’Italia: 43 cm ad altezza spalle, solo 38 un poco più in alto; citato nel Guinness dei primati.

Tra le principali manifestazioni segnaliamo la Processione del Cristo Morto e dell’Addolorata, ma soprattutto la manifestazione pirotecnica detta il “Cavallo di Fuoco”. Si svolge ogni anno nella Domenica dopo Pasqua e si tratta di una struttura metallica riproducente un cavallo che sputa fuochi d’artificio verso il pubblico e che i giovani ripani trascinano avanti e indietro davanti alla cattedrale in pieno centro cittadino.

Proseguendo verso l’interno, costeggiando i contrafforti tra la valle del Tronto e la valle del Tesino, si raggiunge Offida, la patria del merletto a tombolo. Qui, imperdibile, è la chiesa di Santa Maria della Rocca. È uno dei maggiori monumenti dell´intera regione. Sita all´estremo occidentale dell´abitato, risulta circondata su tre lati da altrettanti dirupi che la ritagliano esaltandone l´imponenza e aprendola allo sguardo di due vallate. La grande costruzione in laterizio in stile romanico-gotico è stata eretta nel 1330 sulla preesistente piccola chiesa benedettina. Durante l´avanzata delle truppe alleate, tra il 16 ed il 18 giugno 1944 alcuni militari tedeschi avevano minato completamente la chiesa affinché le macerie fossero di intralcio agli alleati, ma nessuna delle trenta mine esplose e gli abitanti attribuirono l´episodio ad un miracolo della Vergine. Sul lato sinistro della prima scala che conduce alla chiesa è rappresentata una pecorella che mangia un quadrifoglio; la credenza popolare vuole che se ci si posiziona sopra, percorrendo a ritroso la scalinata, ad occhi chiusi, il desiderio espresso sarà esaudito.

Pochi chilometri e si è ad Ascoli Piceno. Di questa città abbiamo già parlato nella rivista “Focus on Line” nel Giugno 2006 quando abbiamo presentato la manifestazione della Quintana e nel Gennaio 2008 quando abbiamo segnalato il suo bellissimo Carnevale in piazza. Cosa dire di più, Ascoli è una bellissima città medioevale con una delle più belle piazze d’Italia, piazza del Popolo. Su questa piazza da due lati si affacciano possenti costruzioni medioevali (il Palazzo dei Capitani e la chiesa di San Francesco),  sugli altri due lati si allineano leziosi palazzetti cinquecenteschi che alleggeriscono la piazza e permettono la vista sui colli circostanti. Su questa piazza si affaccia lo storico Caffè Meletti ove, sino a qualche decennio fa, i notabili ascolani discutevano del futuro della città. Oggi il Caffè è stato riaperto dopo un lungo periodo di chiusura ed è possibile sorseggiare un bicchierino di Anisetta nelle sale interne abbellite da specchi dorati o, nella bella stagione, nei tavolinetti posti sulla piazza.

E a cena? A cena si possono gustare le specialità locali annaffiate con il Rosso Piceno Superiore e magari gustare come aperitivo un’oliva fritta all’ascolana accompagnata da un bicchiere di fresco e profumato Falerio dei Colli Ascolani di cui, forse, parleremo una prossima volta.

Gianfranco Danieli

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