Il tratto da Pont-Saint Martin ad Ivrea, immerso nel verde, permette la scoperta di antiche vestigia

La Via Francigena nel Canavese

  In viaggio tra gusto e cultura  

La Via Francigena è la via maestra percorsa in passato, soprattutto all´inizio del secondo millennio, dai pellegrini in viaggio da Canterbury verso Roma, luogo del martirio dei Santi Pietro e Paolo, "alla ricerca della Perduta Patria Celeste". La via doveva essere compiuta, prevalentemente a piedi per ragioni penitenziali, con un percorso di 20-25 chilometri al giorno.

Nel Canavese si trova la 45ma delle 79 tappe dell´itinerario compiuto nel 900 da Sigerico, arcivescovo di Canterbury, e dallo stesso descritto di ritorno da Roma, dove aveva ricevuto il paramento liturgico, noto come il Pallio, dalle mani del Papa. L´arcivescovo inglese, infatti, descrisse minuziosamente il suo itinerario verso Canterbury, annotando in un diario soprattutto i vari punti di sosta.

Questa tappa attraversa il Canavese, la cui capitale è Ivrea, che si estende al centro di una conca occupata, in tempi preistorici, da un immenso lago formatosi con lo sciogliersi dei ghiaccia, delimitata da una serie di rilievi morenici dalla singolare cresta rettilinea lunga 25 km, denominata La Serra, e circondata da un elevato numero di piccoli laghi residui (come il Lago Sirio, Lago San Michele, ecc.). La città moderna si stende in piano occupando le due sponde della Dora Baltea, mentre il suo centro storico si inerpica su di una collina che porta al Castello ed al Duomo. La città, fondata nel V secolo a.C. dai Salassi, popolazione di origine celtica, fu poi occupata dai Romani che la chiamarono Yporegia e poi Augusta Eporedia, per cui gli abitanti di Ivrea ancor oggi si chiamano Eporediesi. L´emblema della città è il castello delle tre torri, celebrato anche da Carducci: Ivrea la bella / che le rosse torri specchia / sognando a la cerulea Dora / nel largo seno, / fosca intorno è l´ombra di re Arduino.

Punto di partenza (o di arrivo, a seconda di come si voglia percorrerlo) del tragitto nel Canavese può ben essere Pont-Saint Martin, il borgo medievale che gravita intorno al ponte romano, costruito intorno al 25 a.c., una magistrale opera di ingegneria su cui sono passati soldati, pellegrini e merci e che è resistita a guerre e piene torrentizie.

Da qui si può raggiungere, dopo un percorso di una trentina di minuti, il comune di Carema con i suoi caratteristici vigneti abbarbicati alla montagna ed il borgo medioevale, con le sue viuzze, le case in pietra addossate tra loro e diverse fontane anch’esse in pietra. La fontana più caratteristica è quella di via Basilia, fatta costruire dai conti Challant-Madruzzo in omaggio ai Duchi di Savoia nel 1571: la stele in granito, posta in punta alla vasca, è ornata con stemmi araldici dei Savoia e dei Re di Francia. All’angolo con via Bottero, invece, c’è la Grand Maison, o Gran Masun, una "casaforte" dalle robuste pareti in pietra in cui si aprono piccole finestre con inferriate, incorniciate da rustici architravi e piedritti.

La conca morenica, che fa da sfondo al paese ed è delimitata, come sentinelle, dalla piccola cappella di Siei e, sopra uno spuntone di roccia, dalla seicentesca cappella di San Rocco, è qui segnata da un’imponente serie di terrazzamenti strappati alla montagna, sostenuti da muri a secco e riempiti di terra riportata dalla Dora e coltivati a vite: la maggior parte dei pergolati è sorretta dai tupiun, le tipiche colonnette di pietra e mattoni, imbiancate con la calce, che trattengono il calore del giorno per restituirlo dopo il tramonto e che costituiscono l´aspetto più caratteristico del paesaggio. In questa località si produce il Carema, un vino doc di color rosso rubino che volge al granato, dall’odore fine e caratteristico che ricorda la rosa macerata e dal sapore morbido, vellutato, ottenuto dal nebbiolo con un affinamento minimo di 36 mesi di cui almeno 24 in legno.

Lasciata Carema si consiglia di proseguire verso l´abitato di Settimo Vittone, per ammirare, in posizione elevata rispetto al paese ed al corso della Dora Baltea, nei pressi di un castello costruito forse già nel X secolo, la Pieve di S. Lorenzo, un gioiello di arte medioevale, che risale, forse, alla seconda metà del IX secolo, che ospita al suo interno un pregevole ciclo di affreschi del XII° e XIII° secolo (monumento segnalato dal FAI). La pieve ha come sfondo una sorta di anfiteatro naturale circondato da colline moreniche, dove, grazie al clima particolarmente mite, cresce anche l´olivo, che consente una limitata produzione di olio.

Il battistero, che ha una pianta ottagonale ed è coperto da una volta a spicchi, e la pieve sono costruiti essenzialmente con ciottoli e schegge di pietra locale; le coperture sono quasi interamente realizzati con le lose, lastre naturali di pietra. Il campanile in laterizi, posto sopra la volta, invece è un’aggiunta probabilmente nel XIII secolo, di stile romanico. Successiva è anche l´abside rettangolare che fuoriesce dal perimetro ottagonale, con funzione di presbiterio del battistero. Come in altre costruzioni simili, in origine il battistero doveva essere staccato dalla chiesa, ma più tardi venne costruito, sul lato sud, un passaggio che lo unì ad essa. La pieve, ad aula unica, ha una pianta a croce latina, con tre cappellette, con volte a botte, che si aprono nell´area presbiteriale. Vi si entra attraverso il campanile che si appoggia alla navata, costruito anch´esso in epoca più tarda (forse XIII secolo), annullando contemporaneamente l´ingresso primitivo. Secondo la tradizione orale il complesso paleocristiano dovrebbe essere sorto sotto gli Anscarici che nel IX secolo reggevano la Marca d´Ivrea. La leggenda vuole che vi sia sepolta la bella ed infelice Ansgarda, figlia di Anscario, moglie ripudiata del re di Francia Ludovico II il Balbo, ritiratasi a meditare in questo luogo, dove trovò poi sepoltura nell’anno 889. Una lapide apocrifa posta nel battistero ed un sarcofago sul piazzale del complesso plebano hanno alimentato questo mito.

All’interno della chiesa e lungo le pareti del corridoio che porta al battistero si trovano, in maniera alquanto "disordinata", vari affreschi che vanno, senza alcun filo cronologico, dalle prime decadi del XIII secolo fin quasi alla fine del Quattrocento: frammenti del Giudizio Universale nell´arco absidato, San Michele Arcangelo che pesa le anime nel secondo registro degli affreschi che occupano la parete destra della chiesa, San Cristoforo con in mano, forse una palma con datteri, il Miracolo di San Nicola di Bari ed una Adorazione dei Magi con una Madonna che tiene in mano uno stranissimo fiore. Nel registro inferiore della stessa parete, un Santo vescovo in trono regale ed elegante, intento a scambiare cartigli con un monaco sulla parete destra, un’ Ultima Cena nel terzo registro superiore della parete, Adorazione dei Magi e San Francesco che riceve le stigmate, nel corridoio di collegamento al battistero. La parte meglio conservata degli affreschi è nella piccola cappella destra del presbiterio. Sulla volta a botte, in una mandorla di luce, è raffigurato un Cristo benedicente – con una folta barba bianca e l´aspetto di un anziano che, forse volutamente, lo assimilano alla figura dell´ Eterno; attorno a lui le figure del "Tetramorfo", fatto dai simboli dei Quattro Evangelisti. Sulla parete di fondo è raffigurata, sopra una piccola finestra, una Pietà; ai suoi lati trovano posto un San Lorenzo ed un San Martino che divide il mantello con un povero. Infine, sulle pareti laterali troviamo, da una parte, la scena di San Lorenzo che presenta un devoto alla Madonna e, dall´altra le sante Marta, Lucia e Caterina di Alessandria.

Tutta la conca è attraversata da una rete di suggestive mulattiere che collegano tra di loro e con le frazioni di fondovalle le abitazioni e le vigne che stanno in alto sulla conca. Anche oggi è preferibile non percorrere le zone di fondovalle, dove scorre la Dora Baltea e le strade asfaltate, ma seguire i sentieri di mezza costa, che dovevano al tempo percorrere i pellegrini che allora seguivano la via Francigena.

Lasciata Settimo Vittone ci si può incamminare a piedi per circa 1 ora verso Montestrutto, piccolo borgo con un castello, ricostruito in stile neogotico alla fine dell’ottocento sui resti di un antico fortilizio medioevale.

Volendo proseguire il percorso a suo tempo descritto da Sigerico, arcivescovo di Canterbury, si può arriva a Montalto Dora, antico borgo medievale costruito ai piedi dell’omonimo castello del XV secolo, una delle più antiche fortificazioni locali. Il Castello di Montalto Dora, che si erge a quota 405 metri sul Monte Crovero, ha pianta quadrata irregolare con una doppia cinta. Un´alta torre domina la parte interna intorno al mastio, l´annessa cappella, gli ambienti in parte visitabili e il camminamento di guardia: E’ di proprietà privata. Ogni anno, nell´ultima domenica di novembre, a Montaldo Dora vi si svolge una sagra del cavolo verza, il prodotto più significativo dell´agricoltura locale.

Durante il tragitto si passa per i Balmetti di Borgofranco, singolari cantine scavate nella montagna dove correnti d’aria mantengono temperatura ed umidità costanti in ogni stagione, l’ideale per la conservazione del vino.

Da Montalto, proseguendo a piedi, per circa 1 ora, si può arrivare al lago Pistono, uno specchio acqueo lungo 650 metri e largo 250, alimentato dal rio Montesino e dalle acque che scendono dai fontanili di Bienca e da quelle di scolo provenienti dalla regione dove un tempo c´era il lago Coniglio, fatto poi prosciugare per favorire l´estrazione della torba. Dalle sponde del lago si può ammirare un paesaggio incantevole, quasi fiabesco per la quiete che lo circonda. Alle spalle c’è il profilo rettilineo della Serra, considerata la più bella collina morenica d´Europa.

 Rimanendo nei dintorni non si può saltare Piverone, antico ricetto del XII° secolo, di cui sono conservate la torre di accesso al borgo (torre -orologio) e la torre d´angolo Nord-Est delle mura e, sul bellissimo tratto collinare che porta verso Viverone, il “Gesiun”, ruderi della chiesa appartenuta all’antico borgo di Livione, ora scomparso, e costruita nel IX° sec. In classico stile romanico la chiesetta è prospiciente il lago tra filari di vigneti. 

Info:

  Turismo Torino e Provincia - Via Maria Vittoria 19, Torino - Tel. +39.011.8185011 - Mobile +39.349.8504589 - Fax +39.011.883426 - stampa@turismotorino.org - www.turismotorino.org

Associazione culturale di volontariato “La Via Francigena di Sigerico” di Ivrea - francigenasigerico@tiscali.it - Valter Anselmo Via Monte Marzo 16, 10015 Ivrea – cell 3292160882

Hotel Sirio - Via Largo Sirio, 85 – tel. +39 0125424247 – www.hotelsirio.it

Testo di Giovanni Scotti - Foto di Franca Dell´Arciprete

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