L’Unesco ha riconosciuto che il tartufo è Patrimonio Umanità

Lombardia: oltre duemila cercatori di tartufo

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Nello scorso mese di dicembre, finalmente, è arrivata la notizia che il Comitato dell'Organizzazione mondiale per l'educazione, la scienza e la cultura di Parigi ha inserito la cerca e cavatura del tartufo in Italia nella lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell'Umanità.

L’arte italiana della ricerca del tartufo, dunque, è entrata nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità al fianco di molti tesori italiani: l’Opera dei pupi (iscritta nel 2008), il Canto a tenore (2008), la Dieta mediterranea (2010), l’Arte del violino a Cremona (2012), le macchine a spalla per la processione (2013), la vite ad alberello di Pantelleria (2014), l’arte dei pizzaiuoli napoletani (2017), la Falconeria (2016), l’“Arte dei muretti a secco” (2018).

Il tartufo, lo ricordiamo, è un fungo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nascendo e sviluppandosi vicino alle radici di alberi come il pino, il leccio, la sughera e la quercia, il tartufo deve la sua colorazione, il suo sapore ed il suo profumo proprio dal tipo di albero presso il quale si è sviluppato. La forma, invece, dipende dal tipo di terreno: se questo è soffice, il tartufo si presenta più liscio, invece, se è compatto, diventa nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio.

I tartufi sono noti per il loro forte potere afrodisiaco.

In cucina il tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico) va rigorosamente gustato a crudo su cibi come la fonduta, i tajarin al burro e i risotti e, per quanto riguarda i vini, va abbinato con i grandi rossi Made in Italy.

In Italia l’arte della ricerca del tartufo coinvolge una rete nazionale composta da circa 73.600 detentori e praticanti, chiamati tartufai, riuniti in 45 gruppi, associati nella Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (FNATI), da singoli tartufai, non riuniti in associazioni per un totale di circa 44.600 unità, e da altre 12 Associazioni di tartufai, che insieme all’Associazione Nazionale Città del Tartufo (ANCT) coinvolgono circa 20.000 liberi cercatori e cavatori.

Questa vasta comunità, distribuita nei diversi territori regionali italiani, coinvolge, in prima battura, la coppia cavatore-cane in un rapporto armonico tra il cavatore e la natura, che è alla base della trasmissione di conoscenze e tecniche legate alla cerca e alla cavatura del tartufo. In ambito familiare, poi, è ancora il singolo tartufaio più anziano, nonno o padre, che insegna alle nuove generazioni i segreti, gli accorgimenti, i luoghi e le tecniche della cerca e della cavatura.

Il territorio più conosciuto per la cerca e la cavatura del tartufo in Italia è quello delle Langhe, dove si trova la specie più pregiata, il Tartufo bianco di Alba, ma anche in Lombardia ci sono i tartufai: secondo i dati di Coldiretti, in questa regione sono oltre duemila i tartufai regolarmente muniti di tesserino di idoneità per la ricerca e la raccolta nella regione.

In Lombardia le aree maggiormente vocate per questo tipo di attività sono quelle dell’Oltrepo Pavese, con Varzi e Casteggio come centri principali, del Mantovano, nella zona rivierasca del Po per il tartufo bianco e nella zona collinare dell’Alto Mantovano per il tartufo nero. Altre aree dove si possono trovare tartufi sono nella provincia di Brescia, sulle colline moreniche del Garda, e in alcune zone della provincia di Bergamo.

La ricerca dei tartufi, che era già praticata già dai Sumeri, svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive: rappresenta, infatti, una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi anche sugli afflussi turistici come dimostrano le numerose occasioni di festeggiamento organizzate in onore del tartufo.

Secondo l’analisi Coldiretti al borsino del tartufo di Alba, punto di riferimento a livello nazionale per questo prezioso tubero, quest’anno, il prezzo medio del tartufo bianco ha raggiunto i 480 euro all’etto.

Le esportazioni del tartufo Made in Italy hanno fatto registrare un aumento record del 44%.

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