In mostra si possono ammirare i tessuti delle donne del monte quichua (Santiago del Estero, Argentina)

Milano, Mudec: Il mio letto è un giardino, Mi cama es un jardín

  Cultura e Spettacoli  

Da venerdì 3 luglio, fino all’8 novembre, il Museo delle Culture di Milano (MUDEC) ospita la mostra “Il mio letto è un giardino, Mi cama es un jardín con in esposizione i tessuti delle donne del monte quichua (Santiago del Estero, Argentina).

La mostra, promossa dal Comune di Milano e curata da Carolina Orsini, conservatore del Museo delle Culture, offre al visitatore una panoramica sulla produzione tessile del monte argentino attraverso una selezione di coperte da letto provenienti dalla collezione privata di Andreina Rocca Bassetti, che sono state donate al MUDEC nel 2016.

Vagando per le zone rurali della sua terra d’origine, il celebre poeta e saggista santiagueño Bernardo Canal Feijoo (1897 - 1982) immortala così l’arte della tessitura del monte, la foresta di quebrachos dell’arida pianura di Santiago: Era una regione arida, molto più arida di altre della Provincia. Di un'aridità desolante. Di un’arida desolazione (...). Io stesso, lo confesso, mi sentivo fiacco e annichilito. E solo il mio automatico vagare mi portò al ranchito (…) D’un tratto inciampai in “quella”. Era una coperta di Santiago stesa al sole tra due pali. Era tessuta in rosso, giallo e verde, con fasci, lame, e zigzag e macchie che brillavano, splendevano e scoppiettavano, in esplosioni, proiezioni e fiammate (...). Accanto ad alcuni pali c’era una donna in nero (...) indicando la coperta con la mano le ho detto: “Carina! Un potente bagliore scintillò nei suoi occhi (...) poi le sfuggirono dalla bocca queste parole: “E se vedesse il mio letto... Il mio letto è un giardino” (Mi cama es un jardín). Fauna mai vista, flora fantastica, triangoli, segni a gradoni, misteriosi rettili, soli, lune e stelle di cieli ignorati. È proprio vero che la mano che trama tra i quattro pali del telaio, "il giardino" dell'anima, conosce la magia della creazione divina.

La tessitura nell’area di Santiago del Estero, nella provincia omonima, 900 chilometri a nord di Buenos Aires, è un lavoro molto antico. Qui gli spagnoli durante il periodo della conquista (XVI sec.) introdussero le pecore che, sin dall’inizio della colonia, hanno fornito la lana per la lavorazione dei tessuti sfruttati come attività ad alto rendimento. Con la fine del potere coloniale e con la concorrenza dei manufatti industriali introdotti a Santiago grazie all’arrivo della ferrovia nella seconda metà del XIX sec., la tessitura tradizionale perse progressivamente di importanza, e da attività economica prese definitivamente una connotazione domestica. Fino alla prima metà del XX secolo nelle case del monte di Santiago si continuò a tessere ancora con una certa frequenza. Dieci “tessuti di tradizione” risalenti a questo periodo e donati al Mudec nel 2016, sono ora visibili in mostra. Con la metà del XX secolo anche la produzione domestica sembrò calare drasticamente, forse a causa dei processi migratori che interessano l’area, poverissima, a favore di altre regioni dell’Argentina o della capitale. A questo processo parteciparono, tardivamente, anche le donne. L’effettiva mancanza di figure femminili cui trasmettere l’arte della tessitura può essere stata una concausa della progressiva perdita di questa tradizione nella regione. Oggi solo in pochissime case l’attività della tessitura è ancora frequente e comune. A partire dagli anni ‘90, l’Associazione Sumampa/Adobe, con l’istituzione di una scuola di tessitura nella zona rurale di Quimili Paso, nel cuore del monte a sud della capitale Santiago, si è fatta carico di reintrodurre questa antica attività, recuperando la memoria e le tecniche dalle poche persone che ancora la praticavano.

La tessitura è solo l’ultimo passo di un lungo processo che inizia con la preparazione delle fibre e la loro tintura. Dopo aver pulito, preparato e filato la lana, la tessitrice tinge le matasse usando sia piante locali che tinture industriali (introdotte nella zona a partire dalla prima metà del XX secolo). La colorazione dei tessuti con tinture naturali è un’operazione complessa, quasi magica, i cui segreti costituiscono un patrimonio di saperi che unisce la tessitrice in maniera indissolubile alla natura della zona, e che presuppone una grande conoscenza delle piante del monte santiagueño. Una volta tinto, il filato viene armato su un telaio la cui struttura, rudimentalmente autoprodotta, è composta da quattro pali infissi nel terreno.

In mostra è possibile vedere un piccolo repertorio dei temi decorativi che ornano i tessuti di Santiago del Estero: si spazia dai disegni geometrici a quelli naturalistici. I decori sono resi con una straordinaria varietà di tecniche, molte delle quali sono il risultato di una lunga ibridazione culturale avvenuta localmente, che mostra influenze preispaniche più remote, inca, spagnolo-moresche e di derivazione industriale contemporanea.

I tessuti di Santiago sono la testimonianza di come le donne abbiano saputo sviluppare una grande resilienza culturale coniugandola con straordinarie capacità di adattamento, creando nei tessuti una sottotraccia che assimila gli apporti culturali esterni e li plasma a misura del proprio mondo.

Accompagna l’esposizione un film/documentario, dedicato alla memoria di Berna Paz (1931 - 2020), ultima grande tessitrice della vecchia generazione delle huarmis sachamanta (donne del monte, vale a dire le tessitrici del progetto dell’Associazione Sumampa/Adobe a Quimili Paso, che hanno recuperato le tecniche tradizionali di filatura, tintura e tessitura praticate per millenni nella zona). Il film è frutto di un lavoro di campo etnografico svolto da Carolina Orsini e dai ricercatori del MUDEC e dal regista Federico Ferrario, in collaborazione con l’artista e antropologa argentina Claudia Marchi, a Santiago del Estero: nel mese di luglio 2019 sono iniziate le 23 interviste con le Huarmis di Quimili Paso (dipartimento di Avellaneda) e di altri 3 dipartimenti della provincia di Santiago (Atamisqui, Añatuya e Loreto).

Dopo il lockdown, dettato dall’emergenza Covid 19 riapre al pubblico anche lo Spazio Focus del Museo, in continuità con la collezione permanente “Oggetti d’incontro”.

Info e prenotazioni: Museo delle Culture di Milano (MUDEC) - Via Tortona 56, Milano - Ven,/Sab,/Dom 11.00 / 18.00 - ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria - c.museoculture@comune.milano.it - www.mudec.it.

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